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15 Novembre 2017 - 11:18
Municipio di Settimo Torinese
Una revisione generale del piano regolatore. Di questo - da qualche tempo a questa parte - si sta discutendo in giunta e fuori, non foss’altro che esiste già una bozza messa a punto dall’ufficio tecnico.
“Un lavoro enorme, certosino, puntiglioso...”, dicono tutti quanti. Quel che non si è ancora capito è che cosa succederà dopo la sua approvazione, a cominciare dai grandi cambiamenti, sempre che ne esistano o ne siano stati previsti.
“Siamo del 2017 e non nel 1977- marca il tempo l’architetto del Comune Antonello Camillo - Abbiamo di fronte il Prgc di una città consolidata, non certo di una città in espansione. L’obiettivo è quindi di razionalizzazione e di qualificazione dell’evoluzione che c’è stata, a partire dagli anni ‘90 e con 34 varianti. Il nuovo prgc, dunque, ragiona sull’esistente, anche perchè gestire 34 varianti è un problema anche per noi.”.
A bocca asciutta chi si aspetterebbe o si aspettava nuove volumetrie, nuove viabilità, insomma, nuove cose.
Resta - questo sì - un occhio di riguardo per le aree industriali dismesse, dall’ex Ceat, alla Pirelli e alla Cebrosa. Non tanto in un’ottica di consumo di suolo ma di contenimento del suo uso e della riutilizzazione di aree attualmente non utilizzate. Sembra una scioglilingua ma non lo è.
“Oggi - insiste l’architetto Antonello Camillo - Il paesaggio è diventato un valore e per noi lo è da tempo. Sono anni che puntiamo sul verde e sui parchi, in generale sullo sviluppo dei servizi eco-sistemici. In quest’ottica va letta la collaborazione con Città Metropolitana, Ispra e Politecnico di Torino intorno al progetto LIfe Sun, ma potrei fare altri esempi...”
E a Settimo, quando si parla di eco-sostenibilità, significa guardare all’ambiente e al paesaggio ma anche a “corona verde” che è già di una grande dimensione e che si fa ancora più grande con l’area verde della città metropolitana.
Il pensiero vola anche alla madre di tutte le battaglie, a quel Proust, realizzato negli anni 90, insieme a Borgaro e Torino che ha rappresentato la prima vera programmazione del territorio su area vasta. Una programmazione che è riuscita a fondere insieme interessi pubblici e privati, sotto un’unica regia, quella dell’Amministrazione pubblica. Una modo di intendere il territorio che ha significato più di 40 milioni di contributi pubblici.
E sta qui il vero nocciolo della questione. “Alcune grandi scelte - alza le mani Antonello Camillo - un comune come il nostro non è in grado di farle e non dovrebbe farle. Al diavolo i campanilismi ci vogliono prospettive più ampie. La dimensione giusta non può che essere l’area metropolitana di Torino, sennò si finirebbe con il fare tutti le stesse cose, con le cose che non ci piacciono in periferia e tutto il resto in centro... Ma le sembra possibile che una città come Torino, da 800 mila abitanti, abbia un aeroporto e una metropolitana da Barbie e stia messa peggio di Lione che ne ha appena 400 mila? Capita questo perchè lì si lavoro sull’area metropolitana. Ecco, se io dicessi che a Torino di abitanti ce ne sono il doppio, cambierebbero le prospettive anche in sede Europea...”.
Morale del prgc? Nessun sogno da realizzare.
“A Settimo c’è l’abitudine di non fare speculazioni - sintetizza Antonello Camillo - Faccio l’esempio della nuova stazione tra Stura e Settimo o dell’interramento della ferrovia. Troveranno spazio nello strumento urbanistico quando si consolideranno i rapporti. Farlo prima significherebbe innescare cambiamenti dei valori delle aree ingiustificati...”.
Insomma si riparte da qui, da un nuovo piano regolatore sicuramente ben fatto, ma privo di una visione politica.
“Saranno anche bravi i tecnici, ma vedrete che qualcosa la diremo pure noi... - scuote la testa l’assessore Sergio Bisacca - E’ vero però che sino ad oggi il nuovo Prgc ha appassionato più loro (i tecnici, ndr) che noi”.
Ed è anche vero che tra le fila della maggioranza e dell’opposizione c’è anche chi s’è convinto che a rimettere in bella copia tutto quello che già c’è potrebbe rivelarsi una fatica se non proprio inutile quasi.
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