“Io sono serenamente convinto che questa riforma peggiori nel complesso la funzionalità del sistema e voterò ‘no’. Certo è difficile spiegarlo quando ci si trova nel mezzo di un congresso permanente del PD...” Il post di Andrea Fluttero, sul suo profilo facebook, pubblicato sabato mattina all’indomani dell’incontro organizzato da questo giornale per spiegare le ragioni del sì e del no al referendum costituzionale del 4 novembre, ben sintetizza la serata che s’è tenuta qualche ora prima nella Chiesa degli Angeli di via Torino. Un centinaio di persone, tra cui tanti amministratori comunali del territorio, ha assistito al pubblico confronto tra sostenitori del “sì” e del “no” organizzato dal nostro giornale e moderato dal direttore Liborio La Mattina. Al tavolo dei relatori, per il “sì” due segretari di partito: Davide Gariglio, segretario regionale del Partito Democratico, e Fabrizio Morri, segretario provinciale di Torino dei democratici. A rappresentare le ragioni del “no”, due ex sindaci della zona: l’ex primo cittadino di Settimo Torinese, Aldo Corgiat, anche lui tesserato Pd, e l’ex sindaco di Chivasso, nonché senatore, Andrea Fluttero, di Forza Italia. E’ in questo contesto che Fluttero s’è sentito un po’ un intruso a casa d’altri. O, meglio, un pesce fuor d’acqua... Se per un’ora abbondante il dibattito s’è concentrato sulle motivazioni alla base del “sì” e del “no”, la seconda parte della serata è stata in un clima da resa dei conti all’interno dei democratici torinesi. Una resa dei conti per ora solo annunciata, per carità, quella dell’altra sera e che non sarà nè domani nè dopodomani, ma certamente dopo il 4 dicembre sì. Qualunque sia l’esito del referendum. “Provo imbarazzo ad essere qui e a sentire uno come Aldo Corgiat così critico verso il Pd, anche più di Fluttero che è di altro schieramento e ci starebbe anche - ha puntato l’indice Morri -. Ne discuteremo senz’altro all’interno del Pd. Io sono convinto che sia meglio una riforma imperfetta piuttosto che il nulla: Corgiat ti dovrai assumere la responsabilità politica di un fallimento. Sento dire che Renzi non avrebbe modi democratici, ma è nel partito in cui militavamo io e Corgiat che non si potevano avere certe libertà di pensiero, non questo! Siamo arrivati al punto che pur di mandare a casa il proprio segretario di partito, si sparge merda a destra e a sinistra. Ma questo non è tollerabile da parte di chi continua ad avere la tessera del Pd in tasca...”. Un “j’accuse” pesante, a cui Corgiat non s’è certo sottratto ma a cui ha risposto anzi con un carico da novanta. “Mi auguro che dopo il 4 dicembre non si aprano i processi - ha inforcato Corgiat -. Io sono nel centrosinistra da quando avevo 16 anni, ho militato nel partito Comunista dove il livello di critica era anche peggiore: ho sempre rispettato gli avversari politici, le loro idee. Ho una mia etica ed ho cercato comunque il dialogo con chi non la vedeva come me. A chi oggi mi dice, ci vediamo dopo il 4 dicembre, io rispondo che mi trova esattamente dove mi lascia. Il Pd deve tornare alle sue forme statuarie, dove si garantisce per davvero la libertà di pensiero anche alle correnti che sono considerate minoritarie. Non si possono mettere insieme culture diverse e poi avere la spocchia di governarle con la divisione, anziché con l’unione. Portare avanti una riforma a colpi di maggioranza non è democratico. Come non è democratico chi attacca in malo modo tutti quelli che la pensano diversamente da lui. Per me, dal 4 dicembre in avanti, Renzi può rimanere tranquillamente nel suo ruolo fino alla fine del mandato, ma nel Pd si deve aprire un cantiere di regole precise che consentano di ritornare a stare insieme nel segno dell’unità e della condivisione, non della divisione”.
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