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MILANO. Terrorismo: arrestato, "pronto a attaccare in Vaticano"

MILANO. Terrorismo: arrestato, "pronto a attaccare in Vaticano"

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"Per questi nemici giuro, se riesco a mettere la mia famiglia in salvo, giuro sarò io il primo ad attaccarli (...) in questa Italia crociata, il primo ad attaccarla, giuro, giuro che l'attacco, nel Vaticano con la volontà di Dio". E' un audio inviato lo scorso 25 marzo da Abderrahim Moutaharrik a Mohamed Koraichi, arrestati entrambi nel blitz antiterrorismo. "L'unica richiesta che ti chiedo - dice Moutaharrik - è la famiglia, tu sai voglio almeno che i miei figli crescano un po' nel paese del califfato dell'Islam". 

Mohamed Koraichi - partito dall' Italia più di un anno fa con la moglie e i tre figli (uno di due anni) e che si troverebbe ora sul fronte iracheno-siriano a combattere con l'Isis - incitava in una serie di messaggi audio, inviati tramite WhatsApp, Moutaharrik, arrestato prima che partisse anche lui assieme alla moglie e ai due figli, a compiere un attentato a Roma. "Fratello mio - diceva Koraichi a Moutaharrik, anche campione di kickboxing - lì in quella Italia, quella è la capitale dei crociati, fratello mio è quella, è lì dove vanno a fare il pellegrinaggio, è da lì da dove prendono la forza e da lì vanno a conquistare i popoli, e da lì combattono l'islam, fino ad ora non è stata fatta nessuna operazione (attentato, ndt), sai che se fai un attentato è una cosa grande, Dio è grande, preghiamo Dio, fratello mio".

"Sì fratello, se Dio vuole - rispondeva Moutaharrik in un altro messaggio vocale - ci sarà solo del bene, se Dio vuole che loro pensano di essere in pace, invece giuro non sono in pace, anche se noi viviamo in mezzo a loro e giochiamo il nostro gioco come se fossimo come loro, però giuro che noi non siamo come loro". E poi ancora: "Giuro se potessimo trovare il modo abbatteremo tutto questo paese e non sappiamo che questi infedeli per questa Italia, per questo Vaticano, per questi presidenti, questi presidenti infedele e loro che danno forza a tutto questo che sta succedendo ai paesi arabi e nei paesi islamici, però con la volontà di Dio, con la volontà di Dio, la maggior parte dei ragazzi qui hanno iniziato a muoversi, hanno iniziato".

Poi la richiesta da Moutaharrik di mettere prima in salvo la famiglia nei territori del Califfato e poi passare all'azione: "Però fratello è l'unica richiesta che ti chiedo, è la famiglia, tu sai voglio almeno che i miei figli crescano un po' nel paese del califfato dell'islam, il paese dove c'è la legge islamica, questa è l'unica richiesta che voglio".

"Lavorava come cameriera in un ristorante di Baveno, ma si vedeva poco in giro: faceva vita ritirata". Così i vicini di casa di Wafa Koraichi, la marocchina di 24 anni arrestata nell'ambito dell'operazione anti-terrorismo che ha portato in carcere sei persone tra Piemonte e Lombardia.

La donna abitava a Baveno col marito, che fa il pizzaiolo a Lesa (No), in un vicolo della città lacuale, una zona alle spalle dell'ufficio postale cittadino. La coppia - anche il marito è marocchino - ha un figlio di due anni.

Dalla intercettazioni, secondo quanto appreso, l'uomo sembrerebbe poco interessato alla Jihad, mentre sul cellulare della donna ci sarebbero frequenti scambi tra lei e il fratello, il 31enne Mohamed Koraichi, scomparso da tempo con la moglie. 

Al 4 febbraio 2016, ultimi dati disponibili, erano 9 i detenuti 'monitorati' nelle carceri piemontesi per reati connessi al terrorismo internazionale o per attività di proselitismo, radicalizzazione e reclutamento. È quanto emerge dalla relazione annuale del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Bruno Mellano, che dedica un capitolo al rischio radicalizzazione in carcere, fenomeno sotto osservazione in particolare dopo la prima serie di attentati in Francia.

Dai dati del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (Dsp), nelle carceri piemontesi risultano anche 11 'attenzionati', ovvero persone che in carcere hanno comportamenti che "rivelano la vicinanza all'ideologia jihadista". A livello nazionale, a fine 2015, i detenuti sottoposti a controllo erano 282, di cui 182 'monitorati' e 73 'attenzionati'. Secondo il Dap, inoltre, relaziona il Garante, il Piemonte "come la maggior parte delle regioni settentrionali è esposto al rischio radicalizzazione per un alto tasso di detenuti extracomunitari". Fra le iniziative per contrastare l'emergere di questi fenomeni, la facilitazione dell'accesso di mediatori culturali e Imam nelle carceri per l'integrazione e l'esercizio del culto.

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