Far giungere le voci dei popoli e delle donne indigene, del loro sapere e delle sfide che stanno affrontando per sopravvivere. Questo il motivo della presenza a Expo di Myrna Cunningham, attivista nicaraguense per i diritti umani e membro del forum permanente dell'Onu per le questioni indigene. La militante, definita da più parti come la "Rigoberta Menchu" nicaraguense "public health heroes" dall'Oms sudamericana, ha partecipato alla tavola rotonda organizzata da Coop "Mangiare è un atto politico". "A Expo porto l'esperienza dei popoli e delle donne indigene, e delle sfide che stanno affrontando" ha detto Myrna. A cominciare da quella più ardua, ossia "che sia riconosciuta la loro esistenza". Nonostante con i loro lavoro producano cibo per il 70% della popolazione mondiale, "i campesinos sono invisibili per i governi e restano fuori dalle politiche decisionali". A causa di ciò, lamenta l'attivista, "i nostri valori, il nostro sapere e le nostre tradizioni alimentari non sono supportate dai governi, e per questo rischiano di sparire". Un'altra grave minaccia è costituita dal cosiddetto "land grabbing", ossia la corsa all'accaparramento delle terre da parte delle multinazionali estere ma anche dei grandi gruppi finanziari, che ormai vedono la terra come bene rifugio su cui speculare. "La minaccia più grande - spiega Myrna - è che i territori ancestrali, in cui i popoli hanno vissuto per millenni, adesso vengono dati in concessione alle multinazionali, che non rispettano i diritti dei contadini e del territorio". E la colpa è soprattutto dei politici locali: "a volte le multinazionali sono più forti dei nostri governi, che non riescono a imporre un modello di sviluppo diverso da quello su larga scala" ha denunciato l'attivista, che ha messo in guardia anche dai pericoli derivanti dai cambiamenti climatici. Prima donna della sua etnia a diventare medico, Myrna ha quindi sottolineato il ruolo femminile nella produzione del cibo: "Le donne indigene sono responsabili dell'agricoltura, della pesca, delle sementi ma, soprattutto, del trasferimento del sapere tradizionali alle nuove generazioni e all'interno della famiglia. Se si vuole cambiare il sistema occorrono più risorse e un maggiore riconoscimento di questo ruolo, spesso non è valorizzato e rispettato dai nostri governi". Alla tavola rotonda ha preso parte anche Martin W. Bloem, capo per la Nutrizione del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, oltre a rappresentanti di multinazionali come Barilla e Coca Cola, che hanno affrontato l'argomento su come possano coesistere i sistemi industriali con l'agricoltura a conduzione familiare, soprattutto nel Sud del mondo. Tra i temi discussi, anche quello della lotta allo spreco alimentare, alla luce della recente legge approvata dal governo francese."Con questa iniziativa - ha detto Stefano Bassi, presidente Ancc Coop - Copp intende porre qui a Expo una serie di domande che riguardano il futuro del cibo, riflettendo sulle contraddizioni che a questo proposito esistono nel mondo".
Confronto Coca Cola-Cunningham
"Sebbene Coca Cola abbia migliorato la propria performance di sostenibilità, quando devo educare mio nipote gli dico di non bere Coca Cola, ma di consumare una bevanda locale". Così Myrna Cunningham, attivista nicaraguense per i diritto umani dei popoli indigeni, ha criticato la multinazionale americana, nel corso di una tavola rotonda organizzata da Coop a Expo. "Voglio vedere aziende che si assumano la responsabilità rispetto ai diritti dei contadini e delle terre" ha detto Myrna. "Noi lo stiamo facendo, non è ancora sufficiente ma anche le istituzioni devono assumersi questa responsabilità" è stata la replica del direttore comunicazione Coca Coca Italia, Vittorio Cino, ospite del dibattito. "Vedere le aziende come il male assoluto - ha evidenziato Cino - non è produttivo. La strada giusta è sollecitare i governi e lavorare insieme".
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