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30 Marzo 2023 - 15:39
L’approvvigionamento idrico sarà garantito dalle dighe di Ceresole Reale e Pian Telessio nel Parco del Gran Paradiso
Acquedotto Valle Orco. Dopo l’affidamento dei lavori per l’impianto di potabilizzazione (96,3 milioni di euro) al Raggruppamento di imprese Vincenzo Dino, Torricelli, Righi Elettroservizi, venerdì scorso Smat, ha assegnato anche la realizzazione delle condutture.
Per il secondo lotto (55 km) il costo dei lavori a base di gara ammontava a 74,832 milioni di euro: sono stati affidati con un ribasso di gara del 31,07% per un importo totale di 51,581 milioni di euro al Raggruppamento di imprese Ritonnaro Costruzioni s.r.l, Impresa Borio Giacomo s.r.l., Mello s.r.l., C.F.C. Consorzio fra Costruttori soc. coop.
Per il terzo lotto (altri 74 km) il costo dei lavori a base di gara ammontava a 71,884 milioni di euro e sono stati affidati con un ribasso di gara del 15,33% per un importo di 60,864 milioni di euro al Raggruppamento di imprese Consorzio Innova soc. coop., Consorzio italiano Costruzioni, Manutenzioni e Servizi soc. coop.
“Un ottimo risultato, che consentirà la realizzazione di opere utili a contrastare i cambiamenti climatici finanziate dai fondi europei PNRR e la cui esecuzione avverrà nei tempi prescritti dall’Unione Europea e dal Ministero delle Infrastrutture”, sottolinea in un comunicato stampa il Presidente di SMAT Paolo Romano.
Paolo Romano
“L’affidamento si è concluso con un anticipo di 3 mesi sulla programmazione approvata dal Ministero delle Infrastrutture permettendo di avviare con celerità i lavori nell’ottica di un servizio sempre più efficiente. Gli oltre 45 milioni di euro complessivi dei ribassi serviranno a finanziare ulteriori opere idriche”, aggiunge l’Amministratore Delegato Armando Quazzo.
L’acquedotto servirà 50 Comuni per un totale di 128.000 abitanti, rappresentando un’efficace soluzione tecnica per assicurare anche nei periodi di elevata siccità una adeguata fornitura di acqua ai cittadini dei Comuni dell’Alto, Basso Canavese e dell’Eporediese. L’infrastruttura prevede la realizzazione dell’opera di presa presso Bardonetto, l’impianto di potabilizzazione ed un serbatoio di accumulo a Locana.
Il costo complessivo dell’opera ammonta a 254,5 milioni di euro ed è finanziato da fondi del PNRR per 129 milioni di euro.
Armando Quazzo
140 kilometri di nuove condutture per portare l’acqua da Locana sino a Castellamonte e da qui lungo tre direttrici verso l’eporediese (Ivrea), verso il calusiese (Caluso-Mazzè) e il canavese (Lombardore – Bosconero) compresi tutti i Comuni attraversati per un complessivoo di circa 125 mila abitanti.
Il Progetto
Il Progetto Preliminare è del marzo del 2019 e quantificava l’investimento totale in 186.100.000 euro. Obiettivo dichiarato: migliorare la fornitura di acqua potabile nelle case dei cittadini residenti in una vasta area del canavese, calusiese, eporediese e rivarolese, con il suo inserimento nel ciclo produttivo di energia idroelettrica in servizio da parecchi decenni nell’alta e media Valle Orco.
Si era ritornati a parlarne questa estate, anche in maniera spinta, sulla scia di una siccità che aveva lasciato alcuni comuni “a bocca asciutta”.
Tutto bene?
Più o meno, non foss’altro che l’approvvigionamento idrico sarà garantito dalle dighe di Ceresole Reale e Pian Telessio nel Parco del Gran Paradiso a quota 2.400 metri e anche lì, quest’estate l’acqua è scarseggiata.
L’impianto, stando ai progetti, avrà sei invasi capaci di trattenere 83 milioni di metri cubi di acqua, un impianto di potabilizzazione da realizzarsi a Locana con un potenziale di 52 mila metri cubi al giorno e condotte del diametro da 500 a 800 millimetri tali da garantire una distribuzione fino ad un massimo di 800 litri al secondo
I dubbi
Il cambiamento climatico ha ridotto di molto alcuni ghiacciai della Valle Orco e altri sono ormai quasi inesistenti, il grave problema è ben visibile a tutti e pensare di voler prelevare dell’acqua per costruire un acquedotto ci lascia perplessi e con molti dubbi.
Nessuno si sta chiedendo se il forte prelievo di acqua ridurrà o meno la portata di quella utilizzata per l’irrigazione che, peraltro, come si è visto, quest’estate è scarseggiata e pure tanto.
Nessuno si sta preoccupando di leggere le osservazioni, risalenti a qualche anno fa, del Comitato Acqua Pubblica di Torino che esprimeva dubbi sull’utilità della costosa opera.
Insomma, prima di spendere tutti questi soldi non si sarebbe almeno dovuto chiarire se Smat intende o meno fare il possibile per migliorare gli impianti esistenti? Lo ha fatto? No!
Nel progetto SMAT lamenta che le falde dalle quali i pozzi oggi prelevano l’acqua, sono vulnerabili, cioè inquinabili, per la mancanza di sedimenti argillosi protettivi.
Ottimo! Bene! Bravi. Ci si chiede però… Per quanti di questi pozzi è stata definita, e quindi tutelata, l’area di salvaguardia tramite gli opportuni studi idrogeologici previsti dalle norme, onde evitare l’inquinamento delle falde…?
SMAT (sempre nel progetto) ricorda che negli anni 2003, 2005 e 2017 si sono manifestate delle carenze idriche, epperò non abbiamo trovato alcun dato né tanto meno i costi sostenuti per far fronte alle emergenze.
Domanda: “Come si fa a sostenere un investimento di queste dimensioni, pari a più di 250 milioni di euro, partendo da considerazioni così generiche?”
SMAT infine dichiara che la finalità dell’opera è di “integrare” l’approvvigionamento idrico delle reti esistenti, non di sostituirle.
Insomma il progetto non si propone l’auspicabile e saggiamente “risparmioso” obiettivo di “razionalizzare il prelievo di risorse idriche pur riconoscendo implicitamente che sarebbe necessario farlo tanto da quantificare in un buon 35% lo spreco d’acqua degli attuali impianti.
Morale?
Se non si apporteranno miglioramenti agli impianti esistenti non si conseguirà alcun auspicabile risparmio di acqua. Ultimo appunto sui costi che finiranno, anzi no, sono già finiti nella bolletta.
Non tutti sanno infatti che la storia dell’acquedotto è vecchia come il cucco. Nasce nel 2005 da una delibera dell’ATO3 e per il periodo che va dal 2009 al 2016 i cittadini hanno già pagato con le loro bollette quasi 32 milioni di euro senza che un tubo venisse posato!
Coldiretti batti un colpo
Qualche mese fa, su tutta questa storia, il presidente di Coldiretti Bruno Mecca Cici aveva utilizzato parole molto forti ma da allora nessuno l’ha più sentito.
“Dopo un’annata così siccitosa - ci aveva detto - dovremmo avere imparato che qualunque progetto di captazione idrica deve essere adeguato al concetto di uso plurimo delle acque. Rispolverare un progetto come quello dell’acquedotto della valle Orco e concepirlo per il solo utilizzo idropotabile ci pare del tutto anacronistico. Un’opera che prevede un prelievo importante da bacini imbriferi come quello dell’Orco che vede i ghiacciai in ritirata e la mancanza di precipitazioni nevose deve perlomeno essere utile per tutti e tre gli usi strategici: potabile, energetico e anche irriguo. Dobbiamo imparare tutti qualcosa da quello che sta accadendo al clima. Il primo insegnamento è che l’acqua non deve mancare all’agricoltura. Le produzioni agricole, dai cereali ai foraggi, dagli ortaggi alla frutta tutti i prodotti della terra hanno bisogno di acqua. Senza irrigazione non c’è agricoltura. Se dovremo fare fronte ad annate sempre più siccitose, intervallate da bombe d’acqua, l’unica strada per continuare a produrre cibo senza dover aumentare la dipendenza dall’estero è accumulare l’acqua quando piove troppo per usarla quando non piove ma anche utilizzare le risorse per i grandi investimenti pubblici in favore di opere che coprano tutti i fabbisogni primari. L’agricoltura deve entrare a pieno titolo tra i bisogni primari e non ci deve più essere una grande derivazione così come una grande captazione che non siano progettate anche per finalità irrigue”.
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