NEW DELHI. India: italiani rilasciati, concesso da Corte beneficio dubbio
21 Gennaio 2015 - 12:25
corte di strasburgo
La Corte Suprema Indiana che ha rimesso in libertà Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni, ha concesso il "beneficio del dubbio" rispetto all'impianto accusatorio con cui erano stati condannati all'ergastolo per l'omicidio del loro compagno di viaggio Francesco Montis. La sentenza, di cui l'ANSA ha ottenuto copia oggi, sostiene infatti che "le circostanze e le prove prodotte dall'accusa non formano una catena complete a sostegno della colpevolezza degli accusati". "Il beneficio del dubbio deve essere concesso agli accusati - si sostiene - e la condanna degli appellanti è quindi soggetta ad essere accantonata". Come risultato di questo, si precisa, "la condanna degli appellanti in base all'articolo 302/34 del Codice penale indiano (Ipc) è messa da parte e l'appello è accolto. Gli appellanti siano rimessi in libertà immediatamente". Nella trentina di pagine della sentenza i giudici (Anil R.Dave, Kurian Joseph e R. Banumathi) spiegano che il processo si è svolto "senza testimonianze dirette e sulla base unicamente di prove circostanziali". In questo ambito fra le lacune più gravi dell'istruttoria che ha portato alla condanna dei due all'ergastolo vi è stata "l'assenza della documentazione derivante dale telecamere a circuito chiuso (CCTV) istallate in vari punti dell'hotel". Registrando solo la testimonianza del proprietario dell'Hotel Buddha in contrasto con le asserzioni dei due accusati di essere usciti dalla stanza il quattro febbraio 2010 (giorno della morte di Montis) fra le quattro e le otto del mattino, osservano i giudici, "e' possibile ipotizzare che la pubblica accusa potrebbe aver deciso di non utilizzare le immagini CCTV perche' sfavorevoli ad essa". Ancora: "Il pubblico ministero non ha interrogato il medico (che ha accolto Montis dichiarandolo morto all'arrivo in ospedale), nè presentato il referto preparato al Pronto soccorso. E neppure è stata mostrata copia della comunicazione del decesso inviata alla polizia". Per quanto riguarda infine la vittima, dal rapporto sull'autopsia, sostengono i giudici, "emergono dubbi ragionevoli sulla causa del decesso addebitata a asfissia per strangolamento". A questo riguardo il rapporto stesso, si dice infine, "è lacunoso" quanto alla sintomatologia esterna dello strangolamento e al materiale non trovato nella stanza con cui sarebbe stato eseguito.
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