10 maggio 2011, ore 11,35. “Santo, ti abbiamo riservato due proiettili, prepara 300mila euro”. 14 maggio 2011, ore 13,32. “Santo, prepara 300mila euro per la prossima settimana…prendi la strada giusta…ci tieni a tua moglie…prendi la strada giusta altrimenti il cantiere di Moncalieri salta”. 17 maggio 2011. “Ascoltami bene. Vuoi che ti scippi (stacchi, ndr) la testa? Devo scipparti la testa? Vedi che sta settimana ci devi preparare 300mila euro e poi ti prendi una macchina intestata a nome tuo e voglio che me li devi portare dove ti dico io”. 24 maggio 2011. “Vedi che quando cammini con la Yaris a San Mauro ti faccio “buca buca” quando ci sei dentro…dentro questa settimana prepari i soldi, se no al più presto ti mando le foto di tua moglie mentre le faccio la spesa…e te lo dico chiaro…preparati la valigia con tua moglie e vattene se non prepari i soldi entro questa settimana”. Carvelli nel mirino Il destinatario di queste telefonate era sempre lo stesso: l’ex assessore e consigliere comunale sanmaurese Santo Carvelli. Dall’altro capo del telefono (quasi sempre una cabina telefonica pubblica) un uomo dallo spiccato accento calabrese, e dai modi non proprio galanti. Un uomo che rivolgeva minacce e richieste di estorsione a Carvelli a nome della ‘ndrangheta torinese. Questo è quanto emerso dai documenti relativi all’operazione “San Michele”, con cui la Procura Antimafia ha decapitato un “locale” mafioso sfuggito alla precedente maxi-operazione denominata “Minotauro”. Nelle carte risulta evidente come Carvelli, all’epoca ancora assessore in quel di San Mauro, abbia ricevuto pressioni e minacce, nei confronti suoi e della sua consorte, per spingerlo a versare una tangente di 300mila euro. Le “menti” che hanno architettato le richieste estorsive, secondo gli inquirenti, sarebbero Adolfo Crea e Giacomo Lo Surdo, due esponenti di spicco della ‘ndrangheta locale. Entrambi arrestati l’8 giugno 2011 nell’ambito dell’operazione Minotauro. L’ex assessore si rivolge ad alcuni amici Da quel giorno in poi, a conferma dell’ipotesi dei pm Roberto Sparagna e Antonio Smeriglio sull’identità degli estorsori, Carvelli non ricevette più telefonate di minacce. Ma nel mese precedente agli arresti, l’ex assessore sanmaurese ha vissuto momenti davvero concitati. Leggendo le carte appare chiaro, infatti, che l’aver sporto denuncia ai carabinieri non fu considerato da Carvelli come un deterrente sufficiente per dormire sonni tranquilli. Dopo essersi rivolto ai militari dell’Arma, il sanmaurese ha infatti deciso di condividere la tragica situazione in cui si era venuto a trovare con un amico, il dottor Salvatore Grande. Il quale senza pensarci due volte si rivolge a Luigino Greco, arrestato nell’operazione “San Michele”, chiedendo al crotonese di “intervenire in favore di Santo Carvelli, cui delle persone di Volpiano stanno dando molto fastidio”. Greco assicura che se ne sarebbe occupato lui. E lo fa, contattando Gregorio Sisca (anche lui finito in manette la settimana scorsa) il quale cerca più volte di mediare con Adolfo Crea (l’estorsore) ottenendo però un secco rifiuto. La situazione sembra precipitare quando, il 31 maggio, Grande avvisa Greco che la famiglia di Carvelli è stata prelevata da non meglio precisati personaggi: “Stamattina alle 8 hanno prelevato lui e la moglie…un cazzo di bordello è successo!”. Il “regolamento interno dei conti”, insomma, non funziona. L’intervento dei crotonesi (Greco e Sisca) non serve a calmare le acque. Ci pensa, inaspettatamente, la Procura Antimafia: scatta l’operazione Minotauro, e i persecutori di Carvelli finiscono in manette. Inequivocabile, in questo senso, la telefonata di Luigino Greco al dottor Salvatore Grande, avvenuta la mattina stessa degli arresti del 2011: “Dottore, ditegli all’amico nostro (Santo Carvelli, ndr) stasera di bersi un bicchiere di vino alla salute nostra!”.
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