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SETTIMO TORINESE. Rito abbreviato per la mamma del neonato gettato dal balcone

SETTIMO TORINESE. Rito abbreviato per la mamma  del neonato gettato dal balcone

I funerali del piccolo

Valentina Ventura, la mamma accusata di aver gettato il figlio appena partorito dal balcone di casa, sarà giudicata con il rito abbreviato. Il processo, davanti al gip Marianna Tiseo, è in programma per mercoledì 13 giugno presso il tribunale di Ivrea.

Quella tragica mattina del 30 maggio 2017, purtroppo, resterà nella storia della città di Settimo. Un neonato fu ritrovato agonizzante da un netturbino della Seta. La prima ipotesi fu quella di un abbandono effettuato da un’auto in corsa ma bastarono poche ore e qualche testimonianza raccolte nelle zona di via Turati, il luogo in cui fu ritrovato il corpicino, a convincere le forze dell’ordine a suonare al campanello di Valentina.

Quella mattina, la settimese aveva regolarmente accompagnato a piedi la figlia all’asilo.

Ebbe modo di scambiare anche qualche parola con le altre mamme. La notizia del ritrovamento del piccolo sull’asfalto aveva già inondato i telefonini dei settimesi e anche Valentina aveva commentato con sgomento, a scuola, quella tragica scoperta. Poi tornò a casa. Ma i carabinieri nel pomeriggio trovarono nel suo appartamento evidenti tracce di un parto. Non riuscì a tenere a lungo quel segreto di fronte ai magistrati. Il bambino morì poche ore dopo il suo ritrovamento. Fu battezzato Giovanni di Settimo e ai suoi funerali, commissionati dal sindaco di Settimo, Fabrizio Puppo e celebrati presso la chiesa di San Pietro in Vincoli, a giugno, partecipò una folla commossa ed ancora scossa dal fatto di cronaca ripreso da tutti i media nazionali. Durante le esequie, don Luciano Piras, parroco dell’ospedale Regina Margherita, la struttura in cui era stato condotto il bambino, lo aveva sottolineato: “Giovanni, tu ci hai unito”.

Per diverse settimane, pupazzi e giocattoli continuarono ad accumularsi su una rete di recinzione di fronte al numero civico 2 di via Turati. In un’epoca così contaminata dal virtuale e dalle bacheche elettroniche, fu una manifestazione spontanea di affetto verso quel bambino rifiutato dalla sua mamma.

L’esame del Dna fu categorico: il piccolo Giovanni era frutto di una relazione extraconiugale. Il bambino non fu riconosciuto dalla madre e nemmeno dal compagno della donna, ma la versione dei fatti dell’uomo fu ritenuta subito credibile dagli inquirenti. L’altra figlia di Valentina, infatti, vive ancora con il papà in una casa ben distante da quella palazzina. Da quel giorno, nessuno dei due ha mai più incontrato la settimese, ancora detenuta alle Vallette. Il Tribunale della libertà la scorsa estate aveva respinto la richiesta di scarcerazione in cambio degli arresti domiciliari: «è una donna pericolosa che potrebbe uccidere ancora», aveva commentato.

Al momento, l’impianto di accusa per cui sarà giudicata la donna, assistita dall’avvocato Patrizia Mussano, non è mutato. Valentina Ventura non ha più parlato di quella mattinata: «È come se quell’episodio lo avesse rimosso» spiega la sua legale. Le perizie psichiatriche condizioneranno il processo e delineeranno il quadro completo con cui sarà giudicata la settimese. Saranno depositate tre relazioni: una chiesta dalla difesa l’altra assegnata dalla procura di Ivrea a Silvio Venuti, già consulente nell’omicidio di Gloria Rosboch e infine quella che redigerà Enrico Zanalda, il perito nominato del Tribunale. Il rito abbreviato potrebbe evitare alla settimese la condanna all’ergastolo. 

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