Sembrava impossibile e invece ci siamo. Settimo Torinese è nelle prime dieci potenziali Capitali della Cultura Italiana. E’ in buona compagnia di altri luoghi fatti di mare, sole, storia, arte e verde come Alghero, Aquileia, Comacchio, Erice, Ercolano, Montebelluna, Palermo, Recanati e Trento. Settimo è la prova di contrasto, l’elemento da considerare per l’equazione perfetta. La città che non diresti mai, eppure c’è. Ma andando oltre gli slogan e le varie declinazioni del sogno ad occhi aperti, è doveroso tornare alla realtà. Qui, la cultura è un’opera collettiva dei cittadini. I settimesi hanno generato la “settimesità”, un sentimento d’appartenza nobile ed indelebile nella sua semplicità. Ognuno ha fatto il possibile per arrivare fin qui, di giorno e di notte, per evolvere tra vite da inventare e bocche da sfamare. Tra quotidianità ripetitive e sforzi creativi per togliere il freno messo da una storia avara di arte, di panorami suggestivi e di monumenti. Un tempo c’erano panni sporchi da lavare e fabbriche da riempire di uomini, donne e anche ragazzini. Oggi è tutto diverso. Ma Settimo è diventata comunque una Casa, un luogo da difendere e da migliorare, da condividere e da rispettare. A Settimo non si vive male. I problemi sono gli stessi di tante altre realtà del nord italia, ma le scuole funzionano, i servizi non mancano, le associazioni culturali e sportive sono un’eccellenza e il sistema nel complesso procede. Con fatica, ma si va avanti. I tempi della città dormitorio sono distanti, anche se la città non ha mai dormito tanto. A Settimo si lavorava parecchio. Si dormiva di notte, ma nemmeno troppo: i turni non mancavano. Oggi invece sì. Manca il lavoro, cosa che un tempo c’era in abbondanza. E se non ci fosse stato così tanto da fare, un chimico come lo scrittore Primo Levi non sarebbe mai arrivato qui a dirigere una fabbrica di vernici, la Siva, in via Leinì, per quasi 30 anni. Quello della candidatura di Settimo Torinese a Capitale Italiana della Cultura è un gioco con un premio finale, una medaglia d’oro che pesa un milione di euro. Il vero punto di forza della città è quella capacità di stupire già ben raccontata dal nostro regista Gabriele Vacis, nel 2008, nel docufilm “Uno scampolo di Paradiso”. Il titolo diceva già tutto. Un luogo con i suoi pregi e i suoi difetti, ma pur sempre una Casa originale nel suo complesso. Sarà molto difficile arrivare fino in fondo. Ma oltre al nuovo dossier da presentare alla giuria, non dovranno mancare le azioni concrete e l’attenzione al particolare per rendere la quotidianità più moderna e accogliente. Migliorare significa ridurre i disagi con la puntualità, la trasparenza, il rispetto e l’accuratezza, mettendo in atto tutto ciò che può rendere questa città ancora più Casa. Un luogo vero e sano. I settimesi saranno orgogliosi soltanto se continueranno a sentirsi parte di questa Casa. Se la Cultura sarà per pochi, il progetto difficilmente raggiungerà la massa critica per convincere. La giuria, l’Italia e i settimesi.
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