Tra i tanti giovani settimesi c’è anche Enrico Campofiorito, classe 1994, autore dell’ironica pagina facebook “Sei Polemico Se(ttimo)” in cui si diletta a commentare e photoshoppare le notizie della città della torre. Dal fotomontaggio del sottopasso di via Leini allagato con tanto di squalo e sindaco con l’elmetto al manifesto della Civil War per il referendum costituzionale. Siamo andati a scoprire la sua opinione sulla candidatura di Settimo Capitale della Cultura 2018. Sai della candidatura e hai letto il dossier? “Sì”. Che cosa pensi delle motivazioni presentate nella candidatura? “Mi piace poter iniziare citando una frase tratta dal dossier: "Settimo non è una città bella nella sua concezione classica del termine, ma è una città viva che si è sviluppata attraverso e grazie alla cultura". Niente è più vero. Settimo ha tanti problemi che ogni giorno vengono portati alla luce, che possono andare dall'aiuola abbandonata, alla casa popolare fatiscente, ma questo non ha bloccato, e non bloccherà certo ora, questa continua innovazione che ha reso Settimo una delle migliori città nella cintura di Torino. Tanto innovativa da diventare "Capitale della Cultura"? Per me sì, ma io sono io. Per me, l'essere diventata una città d'accoglienza, ha permesso a Settimo di reinventarsi inglobando nella propria cultura quella di tutti i rifugiati che ogni giorno entrano nel Centro Fenoglio, creando così un melting pot che non può far altro che giovare a tutta la cittadinanza. Ma non tutti la pensano come me, e questo è il vero problema. Bisogna comprendere i motivi per cui sui social si legge sempre più spesso "maledetti immigrati" e lavorare su questo in primo luogo. Permettere ai cittadini "spaventati" o "insicuri" dei nuovi vicini di casa di potersi trovare allo stesso tavolo con questi ultimi e iniziare a costruire un vero dialogo sui motivi della diffidenza e su come superarla, questa è vera cultura. So che molte associazioni si stanno muovendo in questa direzione, e bisogna ringraziarle, ma tutti dobbiamo essere coinvolti in questo processo di integrazione. Credere ancora nel 2016 che i rifugiati di guerra scappino nel nostro Paese per "venirci a rubare in casa", è imbarazzante”. Cosa proporresti per coinvolge di più i cittadini nel processo d’integrazione? “Una delle idee che mi sono venute in mente sono proprio dei veri e propri incontri che si possono organizzare al Bosio o al centro davanti alla Coop, dove i migranti possono farsi conoscere, possono raccontare la propria storia. Oppure dei concerti in centro città dove possono far conoscere la propria musica e il proprio modo di ballare a tutti noi e a invogliarci a partecipare. Senza quella pomposità di alcuni eventi sopra un palco dove si vede che le due realtà sono distaccate. Sarebbe bello non credi? Alla fine sono attività semplici da organizzare credo”. E, invece, per quanto riguarda la parte relativa alla biblioteca Archimede? “Credo sia la vera base su cui fondare la candidatura di Settimo. Nata dalle ceneri della Paramatti su un luogo che poteva tranquillamente venire abbandonato e invece le amministrazioni hanno deciso di puntarci. Quindi il sistema della biblioteca funziona perfettamente? Assolutamente no, ci sono tanti piccoli problemi che si riscontrano ogni giorno. Ma funziona. Oltre a essere il luogo per eccellenza a Settimo dove studenti di ogni età si incontrano per studiare, è il luogo principale dove poter sviluppare le proprie passioni. Tutto questo è perfetto per stimolare il settimese a non vivere chiuso in una bolla. Non dobbiamo più considerarci un'inutile sezione della periferia di Torino, ma dobbiamo considerarci cittadini di una città che non ha nulla da invidiare ad altri centri”. Secondo te, bastano queste motivazioni per incoronare Settimo "Capitale della Cultura 2018"? “E' tutto nelle mani della commissione che deciderà. E' ovvio che in Italia vengano preferite le città classiche dove sculture di marmo o antichi palazzi rinascimentali sono presenti in ogni via. Ma noi abbiamo le carte in regola e ora sono scoperte sul tavolo. Possiamo essere premiati per il percorso iniziato più di 50 anni fa. Quali altre città possono vantare di una trasformazione positiva così drastica? Comunque vadano le cose, non dobbiamo permetterci di fermare questo progresso per diventare sempre più un grande centro di Cultura in Italia. Però è anche vero che la città non è concretamente pronta a gestire una possibile vittoria del concorso”.
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