La Cà Mesanis è l’abitazione più antica del paese ed il sindaco Gabrielle Lafaille ha tutta intenzione di ristrutturarle e valorizzarla. A questo scopo il comune ha partecipato al bando dei “6000 campanili” indetto dal Ministero ed è riuscito ad ottenete un lauto contributo. Ora è in corso la gara d’appalto per una base di 66.896 euro (le domande vanno presentate entro il 9 settembre presso la sede dell’Unione dei Comuni Valchiusella ad Alice Superiore). L’occasione per presentare il progetto è stata colta nella serata di venerdì 12 agosto, nell’ambito degli appuntamenti dell’estate ruegliesi. La Cà ha fatto da suggestiva cornice ad una serata dedicata ad uno dei massimi cantautori italiani: Fabrizio De Andrè. Tra le luci soffuse allestite nel cortile, il pubblico ha potuto assistere a brani e letture dei testi a cura di Gianpiero Perlasco e Michele Barletta con il contributo del primo cittadino e la partecipazione della Pro Loco. La Cà Mesanis fu probabilmente costruita alle soglie del XV secolo dalla famiglia Scala, giuridicente a Rueglio per i Conti di San Martino, presso la località chiamata Cantone di Mesanis. Verso la fine del Seicento, il marcheseCarlo Emilio di Parella (che si rifugiava a Rueglio presso il vassallo Antonio Scala, proprietario dell’abitazione), fece costruire una torre di avvistamento sul slato ovest. All’inizio del XVIII secolo venne abitato dal senatore Domenico Scala, che regalò una parte del vasto terreno che circondava l’edificio alla popolazione per la costruzione di un forno pubblico (successivamente abidito a baracca carbonara e sede dei primi socialisti ruegliesi). La Cà Mesanis rimase disabitata dalla metà del Settecento alla prima metà dell’Ottocento fino a che il proprietario successivo, il veterinario e usuraio Battista Cura Stura, protagonista della “Commedia dell’Affarismo” del poeta-scienziato ruegliese Pietro Corzetto Vignot (1850-1921) frazionò e vendette il terreno del giardino. Nel secondo dopo guerra l’abitazione venne privata, da un antiquario di Torino, dei suoi arresi, delle porte, dei camini e anche dei soffitti a cassettoni. Ancora oggi restano visibili soltanto gli affreschi sulla facciata principale e le porte intagliate. La Cà ha suscitato in seguito l’interesse di studiosi come Alfredo d’Andrade che la raffigura in un acquerello della seconda metà dell’Ottocento conservato presso il museo civico di Torino, e Augusto Cavallari Murat che la definisce “un esempio di architettura rustica quattro-cinquecentesca” e Luigi Dematteis che la descrive come “un insieme di rara grandiosità: sembra fatta apposta per diventare una casa-museo”. “L’importante che ha assunto per la comunità locale nel corso della sua storia e l’interesse per le caratteristiche architettoniche - sottolinea l’Amministrazione Comunale - evidenziano la necessità di intervenire con un progetto di recupero per trasmetterne il valore e restituire la casa alla popolazione”. Lo scoglio principale sarà adeguare la Cà alle normative senza snaturarne l’assetto. Per questo è occorso un attento studio. L’idea è di destinare il piano terra (come sperimentato già il 13 agosto con una mostra di Lino Rocco) ad esposizioni temporanee, di adattare il salone di rappresentanza al primo piano a sala polivalente e di dare una connotazione ricettiva alle altre stanze.
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