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10 Ottobre 2015 - 09:00
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Avvocato alla sbarra con l'accusa di calunnia per averne dette di tutti i colori a proposito di un collega in un atto depositato in Tribunale. In ballo, una causa di lavoro, risalente al 2011, relativa ai lavoratori della casa di riposo "Il Residence" di Vico Canavese: i dipendenti della cooperativa "Aurora", che aveva in appalto la gestione del servizio, lamentavano la mancanza dei pagamenti degli stipendi. Si erano così rivolti all'avvocato Alberto Ceresa con studio a Torino. "Io difendevo i lavoratori. La cooperativa era insolvente" ha raccontato Ceresa, parte civile nell'ambito del processo, cominciato l'altra settimana di fronte al giudice Ludovico Morello, contro Vincenzo Bellomo, il legale difensore della cooperativa (difeso da Anna Cavallo). Fu proprio quest'ultimo a definire il collega "un cialtrone, perché era d'accordo col Residence per far avere meno soldi ai lavoratori". Lo accusava, cioè, di infedele patrocinio.
"Fui accusato da Bellomo – ha riferito Ceresa – di aver fatto una transazione a perdere per favorire il Residence, non so perché ma, forse, siccome c'era un contenzioso grosso tra le due società, il Residence non voleva trovarsi a pagare due volte". Avrebbe dovuto sopperire infatti la prorprietà alle mancanze dell'appaltatrice.
Bellomo accusava inoltre il collega di aver messo in atto minacce per far accettare ai lavoratori somme più basse di quelle spettanti. "Nessuna minaccia, tutti furono soddisfatti" ha replicato Ceresa. Il fatto è che la causa fu portata avanti solo per le retribuzioni ordinarie e non per gli straordinari. "Nel verbale di conciliazione – ha puntualizzato Ceresa – volli espressa la riserva dei lavoratori di poter seguire singoli casi per ottenere lo straordinario. Alcuni presero qualcosa in più, per questioni di maternità. I lavoratori hanno confermato di aver ricevuto tutto"
Lo stesso giudice ha incalzato: "sembra – ha fatto notare Morello – che gli avvocati siano stati contattati dal Residence per procurare un risparmio". "Falso" ha ribadito Ceresa.
Sotto accusa anche l'affidamento dell'incarico. "Siccome non era possibile far venire tutti i lavoratori nel mio studio – si è fatto scudo la sedicente persona offesa -, il Residence mise a disposizione una grande sala. Io spiegai a tutti quali erano i diritti e quali le possibilità. Domandai se avessero fiducia in me. Raccoglievo singole firme di delega o firme cumulative, perché non si era ancora deciso se procedere a cause singole o collettive".
Non solo. "Per non pesare sulle tasche dei lavoratori – ha ammesso Ceresa – avevamo convenuto che la mia parcella sarebbe stata pagata dal Residence. Spiegai che avrei fatto ciò che la deontologia mi impone". Ceresa ha detto di non aver mai avuto a che fare con De Palma, l'amministratore delegato, né con Salvati, dipendente della casa di riposo con funzioni di responsabilità. Di averli conosciuti durante una riunione per tentare una conciliazione. Venerdì scorso sono stati sentiti diversi testimoni, colleghi avvocati e lo stesso De Palma.
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