Le Varianti 11 e 14 sono carta straccia. Da giovedì scorso il loro (pesante, pesantissimo) nome è definitivamente scomparso dal comune di San Mauro. Rimarranno, le due minacciose Varianti, solo un lontano ricordo. Nonni e padri ne faranno forse una favola da raccontare a figli e nipoti. La data, quindi, è di quelle da scrivere sul calendario: 3 ottobre 2013, il giorno in cui si è chiusa una pagina di storia di San Mauro, almeno dal punto di vista urbanistico. L'era dell'edificazione selvaggia, quella dell'area Pragranda, tanto densa abitativamente quanto priva di servizi. L'era del “costruiamo dove possiamo”, l'era di quella spiacevole commistione tra amministratori pubblici e costruttori che, per quanto legale, fa sempre storcere il naso. Perché viene inevitabilmente da pensar male. Sono tante le considerazioni da fare, ora che il consiglio comunale ha definitivamente abolito le varianti pensate dalla giunta Coggiola (anche se previste già all'interno del piano regolatore risalente al 1986) nel 2010 (la 11) e nel 2011 (la 14). C'è l'aspetto più tecnico, quello che farà tirare un sospiro di sollievo agli agricoltori locali, agli amanti del verde, ai membri del comitato No Varianti, ai sanmauresi in generale. La zona dietro via Settimo è salva, l'Oltrepo non ospiterà (almeno non per ora) quel nuovo carico abitativo che avrebbe dovuto accogliere potenzialmente 3000 nuovi abitanti. Sono salvi, insomma, quei circa 500mila mq ancora non edificati, suddivisi tra terreno ad alto rischio idrogeologico e aree agricole. Così come è salva l'area collinare messa “in pericolo” dalla Variante 14. C'è poi l'aspetto politico. La giunta Dallolio, a due anni e mezzo dalla sua elezione, ha finalmente rispettato l'impegno “principe” preso in campagna elettorale. Quel cavallo di battaglia che le ha permesso di dare lo schiaffo finale all'avversario Roberto Olivero, espressione quest'ultimo della continuità con la politica “palazzinara” dei mandati targati Coggiola. Sulle tempistiche ci sarebbe da discutere, forse. Ma il Pd ha scelto di prenderla con calma prima di decidere definitivamente. I focus group prima (per avere un confronto con le principali realtà del territorio, dai partiti ai comitati alle associazioni al mondo del commercio), l'acceso dibattito interno poi. Per finire con la decisione, coraggiosa (o attendista, dipende dai punti di vista) di sfornare un nuovo documento di programmazione urbanistica, tre soli anni dopo il precedente Dpu. Il passaggio chiave, l'ultimo, quello formalmente più importante, è stato raggiunto lo scorso giovedì in consiglio comunale. Il ritiro ufficiale delle due Varianti e di tutti gli allegati che ne facevano parte. La terza considerazione, doverosa, guarda al futuro. Perché se questo è l'annozero, il punto di (ri)partenza, il “nuovo inizio” (come lo hanno chiamato, entusiasti, i piddini), da qui in avanti è tutto da scrivere. Il giudizio, quello vero, è rimandato a quando ci sarà davvero qualcosa di concreto di cui discutere. Ci spieghiamo meglio: il nuovo documento urbanistico, ad oggi, è solo un “vestito largo”, per usare la metafora del consigliere a 5 Stelle Gilardi. Contiene linee guida (molto) generali, orientamenti, intenti e intenzioni. Ma nulla di più. Paradossalmente, potrebbe persino ripresentare scenari analoghi a quelli previsti dalle varianti 11 e 14. Sembra improbabile, visti gli indirizzi dettati dalla giunta Dallolio, ma ad oggi non si può escludere nulla. Solo quando arriverà l'attesa Variante generale che l'amministrazione ha dichiarato di voler introdurre, si potrà capire meglio che ne sarà di San Mauro. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, è innegabile che un primo passo e stato fatto. Da lumaca, più che da lepre, ma è stato fatto. Ora ne servono altri, nella stessa direzione. È tutta San Mauro (con qualche rara eccezione) a chiederlo.
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