La sua storia di tifoso, raccontata sulle pagine della Gazzetta dello Sport, ha fatto piangere mezza Italia. E’ la storia di Carlo La Forza, ingegnere, dirigente Dytech e originario di Napoli dove si era laureato all’università Federico II°. Era tante cose Carlo, ma soprattutto era tifoso, anzi tifosissimo del Catanzaro. Per qualche tempo ha abitato a Ivrea e da qualche anno si era trasferito a Milano con la sua bella famiglia, una moglie e due figli. Qualche giorno prima di morire e ben sapendo che non avrebbe avuto più granchè da vivere, a testimonianza dell’amore che lo legava ai colori del club calabrese, si è tesserato per tutta la stagione. Per questo, per rendere omaggio ad un tifoso, due domeniche fa, il Catanzaro ha giocato con il lutto al braccio contro il Lecce. Dire chi era Carlo, sembra fin troppo facile. Era uno di quei giovani che fino al giorno prima di morire, il 16 settembre scorso, nel fare un bilancio della propria vita, davvero non avrebbero avuto di che criticarsi. Aveva 38 anni. Tutto bene fino a quel maledettisimo giorno, quando un medico lo ha guardato negli occhi e, senza timore, gli ha detto che il male che si portava dentro difficilmente lo si sarebbe potuto curare. A stroncarlo è stata una polmonita sopraggiunta dopo mesi e mesi di cure, visite e sedute chemioterapiche. Avrebbe potuto mettersi a urlare, battendo i pugni sul tavolo. Lui no. Con fredda lucidità, ha alzato il telefono e chiamato il club di Catanzaro chiedendo loro l’abbonamento per l’intera stagione e pure tutti i gadget e quant’altro avesse potuto testimoniare la sua fede per le "Aquile". Chi lo ha sentito nelle sua telefonata di rischiesta riferisce una frase di Carlo "agghiacciante" ma anche "commovente": «Fate presto», «mio figlio deve sapere che tifavo Catanzaro.» E tutti quando parlano di lui raccontano di questa passione. Agli amici, incontrati nelle trasferte più vicine a Milano, ripeteva: «Spero che presto Francesco mi chieda di portarlo con me allo stadio. E spero faccia il tifo per i miei stessi colori». Tifoso del Catanzaro da sempre, nonostante tutto, anche quando la sua città, andava in delirio per Maradona. Per tutti c’era solo l’argentino e per lui Massimo Palanca. L’abbonamento è arrivato in tempo: Carlo è volato in cielo poche ore dopo la prima vittoria in campionato della «sua» squadra. Toccherà alla madre, tra qualche anno dire a suo figlio che in una domenica del settembre 2013 il Catanzaro ha portato il lutto al braccio nel nome del suo papà...
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