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Cronaca
18 Dicembre 2025 - 17:06
Elettricista voyeur, spiava clienti dalle telecamere installate in casa
All’inizio c’è un gesto che non dovrebbe cambiare una vita: il controllo di un telefono lasciato sul tavolo di casa. Poi arriva lo strappo. Nella galleria immagini, la convivente riconosce i volti delle proprie figlie, riprese nude. Da quel momento — settembre 2025 — la normalità di una famiglia dell’Udinese si frantuma e prende forma un’indagine che, nelle ore decisive del 18 dicembre 2025, porta all’arresto di un uomo. È un elettricista e installatore di sistemi di sicurezza, un professionista che per mestiere entra nelle case degli altri promettendo protezione. Secondo l’impianto accusatorio, però, avrebbe tradito proprio quel patto di fiducia: non solo installazioni e collaudi, ma accessi da remoto non autorizzati alle videocamere domestiche dei clienti e, nella propria abitazione, la presenza di microcamere occultate per riprendere le minori. A ricomporre una storia che qualcuno aveva provato a cancellare sono gli specialisti della Sezione Cyber del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Trieste, capaci di recuperare dati ritenuti “impossibili”: il telefono dell’indagato era stato frantumato, ma la memoria digitale ha continuato a parlare.
La denuncia nasce tra le mura domestiche. La convivente, insospettita, scopre nel telefono dell’uomo fotografie delle figlie in situazioni di nudità e si rivolge immediatamente ai Carabinieri. L’indagato tenta di precederle distruggendo il proprio smartphone, ridotto in più parti. Non basta. Il recupero forense integrale riporta a galla un archivio descritto dagli investigatori come organizzato, con file catalogati per anno e per nominativo. Su questa base l’Autorità Giudiziaria dispone una perquisizione domiciliare: vengono sequestrati un nuovo telefono, un hard disk e altri supporti informatici. È qui che l’inchiesta si allarga e supera la dimensione familiare. Nei dispositivi emergono applicazioni che consentirebbero l’accesso da remoto ai sistemi di videosorveglianza installati presso le abitazioni dei clienti, senza consenso. Un salto di soglia netto: dall’intimità violata in casa propria a quella violata nelle case altrui. Le persone coinvolte, informate dagli inquirenti, presentano denuncia. L’uomo viene arrestato in flagranza per interferenze illecite nella vita privata ai sensi dell’articolo 615-bis del Codice Penale. Per il profilo relativo alla detenzione di materiale pedopornografico, l’Autorità Giudiziaria dispone la misura dell’allontanamento dalla casa familiare. Le contestazioni, allo stato degli atti, restano tali e sono coperte dalla presunzione di innocenza.
Il tentativo di cancellare le prove diventa uno snodo centrale dell’indagine. Distruggere fisicamente un telefono non equivale a eliminare i dati che contiene. Le tecniche di analisi forense — dall’estrazione diretta dei chip di memoria alla ricostruzione dei filesystem — consentono, quando l’hardware lo permette, di riportare alla luce archivi che qualcuno riteneva perduti. In questo caso, il recupero viene definito integrale. Per gli inquirenti, il dettaglio della classificazione dei file è rilevante perché suggerisce una condotta non episodica. La perquisizione e i sequestri diventano così la materia prima per ricostruire la filiera dei contenuti e verificare gli accessi remoti ai sistemi dei clienti.
Il contesto in cui questa vicenda matura va oltre la singola cronaca. Trieste non è un punto isolato sulla mappa della videosorveglianza. Nel 2024, il Comune di Trieste ha annunciato il potenziamento del sistema cittadino con 26 nuovi punti di ripresa e 4 lettori di targhe, portando le telecamere pubbliche a 147. Una crescita che corre parallela a quella delle telecamere private, spesso collegate via cloud, gestite tramite app e accessibili da remoto. È in questa intersezione fra sicurezza, tecnologia e gestione dei dati che si annidano i rischi più insidiosi. Il caso tocca un nervo scoperto: chi installa impianti di sicurezza può trovarsi in una posizione privilegiata per configurazioni, accessi e manutenzione. Nel 2025, in Italia, è stato segnalato un portale sul clear web che vendeva accessi a videocamere compromesse, con prezzi da 20 a 575 dollari, affiancati da migliaia di spezzoni di anteprima sottratti a dispositivi domestici e a luoghi sensibili. Un campanello d’allarme che dimostra come la sicurezza, nella filiera della videosorveglianza, non sia mai un automatismo.
Sul piano giudiziario, il cuore dell’arresto resta l’ipotesi di interferenze illecite nella vita privata, che scatta quando si installano strumenti di ripresa visiva o sonora in luoghi di privata dimora per carpire immagini o conversazioni. Il profilo della detenzione di materiale pedopornografico è oggetto di ulteriori accertamenti su quantità, tipologia, provenienza e dinamiche. Ogni valutazione definitiva spetterà al Giudice. Intanto, l’inchiesta restituisce una verità scomoda: la memoria digitale è più resistente di quanto si creda e la tecnologia lascia tracce robuste, anche quando qualcuno prova a spegnerle a colpi di martello.
La cronaca, però, non si esaurisce nel fascicolo giudiziario. Il caso di Trieste — dalla denuncia della convivente al recupero forense nonostante la distruzione del telefono, dai sequestri alla scoperta di accessi abusivi alle videocamere dei clienti — è un promemoria collettivo. Le immagini raccolte dagli occhi elettronici di casa possono trasformarsi in archivi involontari di intimità. Proteggerli non è solo una questione tecnica, ma culturale. La giustizia accerterà le responsabilità individuali. Nel frattempo, a famiglie e cittadini resta un compito urgente: diventare amministratori consapevoli dei propri sistemi di sorveglianza, sapendo che ogni punto di ripresa è anche un potenziale punto di vulnerabilità, nel privato come nel pubblico.
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