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Cronaca
25 Ottobre 2025 - 22:18
“Sapevo che, prima o poi, sareste arrivati a prendermi.” Con questa frase, secondo quanto riferito dagli investigatori, un professionista molto facoltoso avrebbe accolto gli agenti alla porta. È l’istantanea che racconta la portata di un’inchiesta sulla pedopornografia coordinata dalla Procura di Torino e condotta dalla polizia, capace di mettere a nudo una rete attiva in tre regioni del Nord, colpita mentre raccoglieva e diffondeva materiale illegale in tempo reale.
Sono 22 le perquisizioni domiciliari eseguite in contemporanea tra Piemonte, Liguria e Lombardia, con interventi nelle province di Asti, Biella, Cuneo, Imperia, Milano, Novara, Savona, Torino e Vercelli. Il bilancio provvisorio parla di cinque arresti e cinque denunce a piede libero. Gli arrestati sono quattro torinesi e un novarese, tra i 30 e i 61 anni; i cinque denunciati risultano tutti residenti nella provincia di Torino.
Gli indagati sono stati sorpresi in flagranza mentre raccoglievano, custodivano e condividevano file, video e immagini pedopornografiche, in alcuni casi descritti dagli investigatori come estremamente violenti. Tra gli arrestati figurerebbe anche un padre di famiglia, trovato davanti al computer con una chat ancora aperta, nell’atto di divulgare il materiale. Un altro uomo, costretto a letto per motivi di salute, è stato bloccato nella sua abitazione. In più casi gli agenti hanno dovuto farsi largo tra abitazioni sature di oggetti: profili riconducibili a “accumulatori seriali” che hanno reso complesse le perquisizioni.
L’indagine, lunga e complessa, è stata condotta anche con agenti sotto copertura, strumento che conferma quanto questa criminalità si muova in ambienti digitali chiusi e diffidenti. Gli investigatori stanno analizzando migliaia di file sequestrati per ricostruire i canali di scambio e misurare l’estensione della rete. Le attività non sono concluse: gli sviluppi dipenderanno dall’incrocio tra i materiali acquisiti e le tracce lasciate nelle comunicazioni online.
I dati raccolti parlano di una diffusione capillare su territori diversi e di profili eterogenei per età e condizioni personali. È un elemento che, da solo, mette in evidenza due aspetti: il carattere trasversale del fenomeno e la necessità di investigazioni specialistiche, capaci di intervenire “in presa diretta”. La flagranza documentata in più casi suggerisce un’attività non episodica, ma inserita in circuiti di scambio persistenti.
L’attenzione dell’inchiesta resta rivolta alla tutela delle vittime minorenni, che la legge considera al centro di ogni attività di contrasto. Nel rispetto della presunzione di innocenza, fino a sentenza definitiva, gli elementi raccolti saranno ora vagliati a fondo per delineare responsabilità individuali e, soprattutto, prevenire nuovi episodi di condivisione di materiale illegale. L’obiettivo dichiarato degli inquirenti è chiarire “quanto fosse estesa la rete” e disarticolarne i nodi ancora attivi.
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