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Cronaca

Da 16 a 14 anni in appello: condanna per Sara Cherici per il lancio della bici che ha reso tetraplegico Mauro Glorioso

Appello: pena ridotta a 14 anni ma confermato il concorso in tentato omicidio — le scuse di Sara Cherici, il percorso di maturazione e la tragedia che ha reso Mauro Glorioso tetraplegico dopo il lancio della bici dai Murazzi

Da 16 a 14 anni in appello: condanna per Sara Cherici per il lancio della bici che ha reso tetraplegico Mauro Glorioso

È arrivata la condanna in secondo grado per Sara Cherici, la giovane torinese di vent’anni coinvolta nel tragico episodio avvenuto ai Murazzi del Po nella notte del 21 gennaio 2023, quando una bicicletta a noleggio del peso di 23 chili venne lanciata dalla balaustra, colpendo alla testa il 23enne Mauro Glorioso, studente di medicina.
La Corte d’Appello di Torino ha ridotto la pena inflitta in primo grado, portandola da 16 a 14 anni di reclusione. Resta però confermata l’accusa di concorso in tentato omicidio.

Prima dell’inizio dell’udienza, Sara Cherici ha chiesto di poter parlare. Di fronte ai giudici e al pubblico ministero, la ragazza ha pronunciato parole che hanno riempito di silenzio l’aula:
«Chiedo scusa a Mauro e alla sua famiglia per il dolore che stanno vivendo e che noi abbiamo causato. Non c’è giorno in cui non vorrei tornare indietro con la consapevolezza di oggi. In questi anni di domiciliari ho avuto modo di riflettere, di capire i miei errori. Ho seguito un percorso psicoterapeutico che mi ha cambiata. Ora mi sento più matura e consapevole delle mie azioni e delle mie mancanze».

Una confessione, quella di Cherici, che arriva a distanza di quasi tre anni dal fatto e che, secondo la difesa, avrebbe dovuto spingere la Corte a riconoscerle le attenuanti generiche.

Nel processo di primo grado, conclusosi nel 2024 davanti alla terza sezione del Tribunale di Torino, la giovane era stata condannata a 16 anni di carcere. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici avevano descritto il gesto con parole durissime: una “roulette russa del tutto insensata”, un atto privo di logica, scaturito dalla superficialità e dall’incoscienza di un gruppo di ragazzi in cerca di emozioni forti.

La bicicletta, lanciata nel vuoto dai Murazzi, era piombata sulla testa di Mauro Glorioso, che si trovava sul lungo Po Armando Diaz, in attesa di entrare nel locale “The Beach”. Il giovane, allora studente di medicina, era stato colpito con violenza alla nuca, riportando lesioni gravissime e danni neurologici permanenti.

La bicicletta in questione era una bici a noleggio del servizio cittadino, pesante oltre 23 chili, un oggetto che, scagliato dall’alto, è diventato un’arma mortale. Quella notte, secondo la ricostruzione degli inquirenti, cinque ragazzi – due maggiorenni e tre minorenni – si trovavano lungo la balaustra dei Murazzi. Tra risate e sfide, avrebbero deciso di lanciare la bici nel vuoto, senza rendersi conto delle conseguenze.

A guidare il gruppo, secondo l’accusa, c’erano proprio Sara Cherici e Victor Ulinici, all’epoca diciottenne, condannato in rito abbreviato a 16 anni di reclusione. I tre minorenni, processati dal Tribunale per i minori, sono stati condannati in via definitiva a pene comprese tra 6 e 9 anni di carcere.

Le sentenze nei confronti dei tre minori sono già definitive: 9 anni e 9 mesi per il diciassettenne, 9 anni e 4 mesi per il quindicenne (il più giovane del gruppo) e 6 anni e 8 mesi per la sedicenne. Tutti riconosciuti colpevoli di tentato omicidio aggravato in concorso.

Il quadro processuale, quindi, è ormai completo: tutti i componenti del gruppo hanno ricevuto una condanna pesante, anche se la posizione di Cherici, giudicata con rito ordinario, resta quella più discussa, anche per il suo ruolo centrale nella dinamica dell’episodio.

Mauro Glorioso, oggi 25enne, è rimasto tetraplegico. Dopo mesi di ricovero e riabilitazione, la sua vita è stata completamente stravolta. I medici dell’ospedale Molinette di Torino avevano subito parlato di danni irreversibili al midollo spinale. Da allora, la famiglia di Mauro ha lottato con forza per chiedere giustizia, denunciando la leggerezza con cui un gesto di pura incoscienza ha distrutto una giovane vita.

Durante il processo, i genitori del ragazzo hanno assistito a ogni udienza in silenzio, senza clamori, affidandosi ai giudici. La madre, in particolare, aveva definito l’episodio «un crimine assurdo, non una bravata», ricordando che “nessuna pena restituirà a nostro figlio ciò che gli è stato tolto”.

Le dichiarazioni spontanee di Cherici in appello hanno colpito la Corte, ma non hanno cancellato la gravità dei fatti. Il collegio, pur riconoscendole un percorso di maturazione personale e psicologica, ha deciso di ridurre la pena di due anni, portandola da 16 a 14. Una riduzione che, per la difesa, rappresenta «un segnale di apertura», ma che conferma la gravità del reato e la piena responsabilità dell’imputata.

«In questi anni ho riflettuto su quello che è successo e su chi ero quella notte – ha detto ancora Cherici –. Oggi non riesco a capire come sia stato possibile. So solo che da allora non passa giorno senza che pensi a Mauro».

Nelle carte processuali, il Tribunale di Torino aveva sottolineato come l’assenza di un movente rappresentasse la parte più inquietante del caso. «Non un’aggressione, non un furto, non una vendetta – avevano scritto i giudici –. Solo un gesto di leggerezza assoluta, una sfida al buio che ha trasformato una serata di divertimento in una tragedia irreparabile».

Gli investigatori, fin dalle prime ore dopo il fatto, avevano escluso qualsiasi premeditazione, ma avevano evidenziato un comportamento collettivo di “sconsideratezza estrema”. I ragazzi, infatti, dopo il lancio, si sarebbero allontanati ridendo, senza rendersi conto della gravità di quanto accaduto.

Il caso ha avuto un’enorme eco mediatica, scatenando un acceso dibattito sul degrado giovanile, sulla responsabilità individuale e sulla difficoltà di distinguere tra “bravata” e “reato”.
Per molti torinesi, i Murazzi – luogo simbolo della movida – sono diventati il teatro di un gesto che segna un punto di non ritorno nella percezione del limite.

La stessa Corte d’Appello ha ricordato nella sentenza che «non esiste giustificazione per chi trasforma l’incoscienza in violenza», ma che la pena deve comunque tenere conto del percorso umano e della possibilità di recupero.

La famiglia Glorioso, assistita da un pool di legali, ha espresso soddisfazione parziale per la conferma della condanna, pur dichiarando amarezza per la riduzione della pena. «Non esiste pena che compensi il dolore di Mauro, ma è giusto che chi ha causato tanto male affronti le conseguenze delle proprie azioni», hanno detto i genitori all’uscita dall’aula.

Per Sara Cherici, invece, si apre ora una nuova fase giudiziaria: la difesa valuterà se proporre ricorso in Cassazione, ma la ragazza dovrà comunque scontare la pena residua, con possibilità di misure alternative solo dopo un percorso riabilitativo verificato.

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