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Cronaca

Cade dal ponteggio e sbatte la testa: 27enne in fin di vita a Leini

L’operaio egiziano Gebril Moataz Fouad Mohamed Gad, residente a Torino, è precipitato da quattro metri mentre lavorava in un cantiere di via Fratelli Fiore. Il cantiere è stato sequestrato: indaga la Procura di Ivrea

Cade dal ponteggio e sbatte la testa: 27enne in fin di vita a Leini

Cade dal ponteggio e sbatte la testa: 27enne in fin di vita a Leini

A Leini, ieri mattina, un normale giorno di lavoro si è trasformato in un incubo. Un giovane artigiano di appena 27 anni, Gebril Moataz Fouad Mohamed Gad, di origini egiziane e residente a Torino in via Tesso, è precipitato da un ponteggio mentre stava effettuando lavori di manutenzione in un’abitazione privata di via Fratelli Fiore. La caduta, da un’altezza di circa quattro metri, non gli ha lasciato il tempo di reagire: nessun appiglio, nessuna rete di protezione. Solo un tonfo sordo sul selciato e poi il silenzio, rotto dalle urla dei colleghi che hanno assistito alla scena, impotenti.

Il giovane è rimasto immobile, con il volto pallido e il respiro affannoso. A dare l’allarme sono stati gli stessi operai del cantiere, ancora sotto shock, che hanno subito chiamato i soccorsi. Nel giro di pochi minuti in via Fratelli Fiore sono arrivati i medici e gli infermieri del 118, che hanno trovato l’uomo in condizioni gravissime. Dopo averlo stabilizzato, lo hanno trasferito d’urgenza all’ospedale Giovanni Bosco di Torino, dove è stato ricoverato in codice rosso. La prognosi resta riservata, ma i sanitari confermano che è vigile. Le prossime ore saranno decisive per capire se riuscirà a superare le conseguenze della caduta.

Nel frattempo, la scena del cantiere è stata messa sotto sequestro. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Leini e i tecnici dello Spresal dell’Asl To4, che hanno effettuato i rilievi e ascoltato i colleghi di lavoro del giovane, per ricostruire la dinamica dell’incidente. Dalle prime verifiche, sembra che l’operaio non fosse assicurato ad alcun dispositivo di sicurezza, un dettaglio che potrebbe pesare molto sull’inchiesta aperta dalla Procura di Ivrea, coordinata dalla pm Elena Parato. I tecnici stanno lavorando a una relazione dettagliata per chiarire eventuali responsabilità e violazioni delle norme sulla sicurezza.

L’episodio riporta alla luce, ancora una volta, il dramma di chi lavora nei cantieri e lo fa spesso in condizioni precarie, con misure di protezione insufficienti o del tutto assenti. Una storia che si ripete da troppo tempo e che a Leini sembra ormai diventata un tragico filo conduttore. Solo negli ultimi mesi, infatti, nella stessa città si sono registrati altri due incidenti mortali: il 16 settembre Davide Rao, 55 anni, originario di San Maurizio Canavese, ha perso la vita schiacciato da un carro attrezzi in un’autodemolizione; e a marzo un altro operaio egiziano, di 35 anni, è morto precipitando da un tetto. In quell’occasione, la vicenda si era complicata ulteriormente: i compagni di lavoro, invece di chiamare il 118, avevano deciso di trasportarlo con la propria auto al Giovanni Bosco, raccontando ai medici che era caduto in casa. Ma le lesioni riportate avevano subito smentito quella versione.

Tre incidenti gravi, di cui due mortali, nello stesso comune e in pochi mesi. Numeri che fanno riflettere, ma che soprattutto mettono in evidenza la fragilità di un sistema che non riesce a garantire la sicurezza di chi lavora. Ogni giorno in Piemonte decine di uomini e donne salgono su impalcature, maneggiano macchinari, respirano polvere e fatica. Molti di loro lo fanno senza sapere se torneranno a casa la sera.

La sicurezza sul lavoro, si ripete da anni, è un diritto e non una concessione. Ma tra leggi, controlli e responsabilità, continua a perdersi in un limbo di burocrazia e superficialità. E mentre le statistiche crescono, le vite si spezzano. La caduta di Gebril Moataz Fouad Mohamed Gad è solo l’ultimo capitolo di una lunga lista che non dovrebbe esistere.

Per lui, adesso, conta solo resistere. Per tutti gli altri, invece, resta un dovere: pretendere che il lavoro non sia più un rischio mortale. Perché dietro ogni elmetto, dietro ogni ponteggio, dietro ogni cantiere, c’è sempre una persona, una famiglia, una storia che non dovrebbe finire sull’asfalto di una via di provincia.

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