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08 Ottobre 2025 - 00:40
“Medico, stimato e insospettabile”. Ma per 12 anni scambiava foto di bambini sul dark web: indagini chiuse a Torino
Per dodici lunghi anni avrebbe frequentato i meandri più bui del web, scambiando immagini e video pedopornografici di minori con una rete internazionale di utenti. Ora la Procura di Torino ha chiuso le indagini nei confronti di un medico 43enne di Chivasso, arrestato nell’agosto scorso e tuttora detenuto in carcere.
L’uomo, un professionista stimato, conduceva una vita apparentemente normale tra studio, pazienti e attività sportive, ma secondo gli inquirenti nascondeva un mondo parallelo di violenza e abusi digitali.
Il pubblico ministero Roberto Furlan gli contesta una serie di reati gravissimi: associazione a delinquere finalizzata alla diffusione di materiale pedopornografico, produzione e divulgazione di immagini e video con minori. Il medico, specializzato in dermatologia ed estetica, lavorava anche come medico di continuità assistenziale nel distretto sanitario di Settimo Torinese, oltre a essere stato allenatore di una squadra di volley del Canavese. Un curriculum irreprensibile che, all’improvviso, ha lasciato spazio a un’indagine che ha scosso l’intera comunità locale.
Secondo la ricostruzione della Procura, il professionista sarebbe stato parte attiva di una comunità virtuale nascosta nel dark web, frequentata da migliaia di utenti di tutto il mondo. Una rete segreta – almeno 45 mila iscritti – che per oltre un decennio avrebbe condiviso e scambiato materiale sessualmente esplicito con minori, celandosi dietro l’anonimato garantito da piattaforme criptate e accessi tramite software speciali come Tor, il browser utilizzato per navigare in quella parte di Internet invisibile ai motori di ricerca tradizionali.
Durante la perquisizione dei suoi dispositivi, gli investigatori della Polizia Postale di Roma, in collaborazione con il Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online, hanno rinvenuto decine di file archiviati su supporti informatici personali: immagini e video che, secondo quanto emerge dai verbali, ritrarrebbero minori in atteggiamenti inequivocabili. Tra i capi d’accusa figura anche un tentativo di produzione di nuovo materiale pedopornografico, che però non sarebbe mai andato a buon fine.
Dalle indagini è inoltre emerso un filone di contatti diretti con altri indagati, tra cui il sacerdote bresciano don Jordan Coraglia, conosciuto per anni come “il prete calciatore” per la sua partecipazione alla Nazionale italiana dei sacerdoti. Anche il religioso è coinvolto in un’inchiesta parallela e a casa sua la Polizia aveva sequestrato oltre 1.500 file tra foto e video di minori, oltre a chat e canali Telegram e Instagram dedicati alla diffusione del materiale. Don Coraglia ha scelto di affrontare il processo con rito abbreviato e comparirà davanti al giudice il prossimo 19 dicembre.
Per il medico chivassese, invece, la vicenda è ancora nella fase preliminare. È attualmente detenuto in regime di custodia cautelare in carcere, ma – come fanno sapere i suoi legali, gli avvocati Maria Giovanna Spataro e Alberto Bazzani – nelle prossime ore chiederà di essere ascoltato dal magistrato.
«Il nostro assistito vuole chiarire i contorni della vicenda e ricostruire la reale entità del suo coinvolgimento», hanno dichiarato i difensori, che si dicono pronti a presentare una memoria difensiva per contestare alcuni punti dell’accusa.
Un’inchiesta complessa, nata da un lavoro coordinato tra diverse procure e articolata su più livelli, che ha portato alla luce una rete sommersa di condivisione di contenuti illegali, una “comunità invisibile” di utenti senza volto. L’operazione, partita a livello nazionale da una segnalazione del Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica (Europol), ha permesso di tracciare la catena dei contatti digitali e risalire fino a diversi professionisti, religiosi e privati cittadini.
Il 43enne di Chivasso, come emerso dagli accertamenti, si sarebbe collegato a questi canali a partire dal 2013, condividendo materiale e mantenendo contatti regolari con altri membri fino al gennaio 2024. La lunga attività di monitoraggio, svolta sotto copertura dagli agenti della Postale, ha consentito di mappare i flussi di comunicazione e identificare i profili più attivi.
Ora la parola passa al giudice. Il medico, un tempo volto noto nella sanità locale, rischia una condanna pesantissima se le accuse venissero confermate.
Intanto, tra Chivasso e Settimo, dove aveva ambulatori e contatti, cresce il disagio e lo sconcerto di chi, per anni, lo ha conosciuto come un professionista affidabile.
Un caso che mette ancora una volta sotto i riflettori il lato oscuro del web: un universo parallelo dove anonimato e tecnologia diventano strumenti di violenza. Un luogo dove l’orrore corre tra codici cifrati, nickname e indirizzi nascosti. E dove, dietro lo schermo, si consuma il peggiore dei crimini: quello contro l’infanzia.
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