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Cronaca

Un lunedì di sangue: quattro lavoratori uccisi dal lavoro

Dalla gru di Torino al capannone di Riposto, fino alle fabbriche di Monza e Roma: un lunedì di sangue che riaccende l’allarme sicurezza. Sindacati in rivolta, governo convocato d’urgenza, opposizioni all’attacco

Un lunedì di sangue: quattro lavoratori uccisi dal lavoro

Un lunedì di sangue: quattro lavoratori uccisi dal lavoro

Un lunedì segnato dal sangue e dal dolore, quello dell’8 settembre 2025, con quattro morti sul lavoro in Italia in appena ventiquattro ore. Dalla periferia di Torino al cuore di Roma, passando per la provincia di Catania e quella di Monza, si compone un bollettino che i sindacati definiscono senza esitazione “tragico” e che riporta drammaticamente l’attenzione su un tema che nel nostro Paese sembra destinato a ripresentarsi con inaccettabile regolarità.

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La prima tragedia si consuma all’alba a Torino, in via Genova, non lontano dal luogo dove quattro anni fa tre operai persero la vita per il crollo di una gru. Yosif Gamal, cittadino egiziano di 69 anni che tra pochi giorni avrebbe compiuto il suo settantesimo compleanno, precipita dal cestello di un mezzo elevatore mentre stava montando un cartellone pubblicitario su un palazzo di cinque piani. A nulla servono i soccorsi. Sotto choc il collega, un uomo di 70 anni anch’egli di origini nordafricane, ricoverato alle Molinette. A Torino il ricordo corre inevitabilmente alla strage ferroviaria di Brandizzo, avvenuta il 30 agosto 2023, dove cinque operai furono travolti da un treno merci: un monito che, a due anni di distanza, sembra non aver prodotto quell’inversione di rotta nella prevenzione che tutti auspicavano. La dinamica dell’incidente è ora al vaglio del pm Sofia Scapellato, che coordina carabinieri e ispettori dello Spresal. Tra i testimoni c’è chi ha raccontato di non aver visto gli operai con le imbracature di sicurezza, mentre un amico dell’uomo ha ricordato che quella mattina Yosif si era detto non del tutto in forma, ma non aveva voluto sottrarsi al lavoro. In Egitto lo attendevano la moglie e tre figli a cui inviava parte dello stipendio ogni mese.

Poche ore più tardi, a centinaia di chilometri di distanza, un altro dramma scuote la Sicilia orientale. A Riposto, in provincia di Catania, Salvatore Sorbello, 53 anni, cade da un’impalcatura mentre partecipa ai lavori di ampliamento di un capannone in contrada Rovettazzo. La caduta da un’altezza di circa otto metri non gli lascia scampo. I sanitari del 118 arrivano sul posto rapidamente, ma ogni tentativo di rianimazione si rivela inutile.

Non va meglio al Nord, dove la provincia di Monza registra due gravi incidenti. A Desio un operaio di 37 anni precipita da un’impalcatura e viene trasportato in codice rosso in ospedale, lotta ora tra la vita e la morte. A Monza, invece, un uomo di 48 anni rimane schiacciato da un macchinario all’interno della ditta Gusberti, azienda specializzata nella produzione di valvole industriali. Il trauma da schiacciamento è fatale, e i soccorritori non possono fare altro che constatare il decesso.

A Roma la tragedia si ripete con dinamiche simili. Sulla banchina del Tevere, all’altezza di piazza Trilussa, un operaio perde la vita dopo essere stato travolto da un muletto ribaltatosi, probabilmente a causa di un urto contro la rampa del camion che lo trasportava. Una scena drammatica, che aggiunge un’altra vittima a un elenco già insopportabilmente lungo.

I sindacati parlano apertamente di “emergenza nazionale” e chiedono più controlli, più ispettori, più formazione. Domani mattina al Ministero del Lavoro si terrà un incontro straordinario convocato dalla ministra Marina Calderonecon le parti sociali. L’obiettivo dichiarato è quello di mettere a punto nuove misure per contrastare quella che ormai viene definita una vera e propria strage. Ma le opposizioni chiedono fatti, non annunci. Teresa Bellanova, già ministro del Lavoro e oggi vicepresidente del Partito democratico europeo, denuncia l’inadeguatezza dell’azione governativa e ricorda che le vittime sono aumentate rispetto allo scorso anno: “servono più controlli – è il suo appello – più formazione e soprattutto più ispettori”. Chiara Gribaudo, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro, insiste: “siamo davanti a un’emergenza nazionale”. Chiara Appendino, deputata e vicepresidente del Movimento 5 Stelle, invita l’esecutivo ad agire immediatamente, mentre Nicola Fratoianni, leader di Alleanza Verdi Sinistra, affonda: “mi vergogno di vivere in un Paese in cui continua da anni una strage di queste dimensioni, tra telegrammi di cordoglio e solenni promesse che puntualmente vengono disattese”.

Alle parole dell’opposizione fanno eco quelle del presidente della Camera Lorenzo Fontana, che pur facendo parte della maggioranza non nasconde la gravità del fenomeno: “la battaglia contro i morti sul lavoro è una battaglia di civiltà, e la cifra della civiltà di un Paese si misura anche dalla sua capacità di prevenire tragedie come queste”.

I numeri confermano l’allarme. Nei primi due mesi del 2025 si sono contate 97 vittime, sei in più rispetto allo stesso periodo del 2024, con un incremento del 9,9% nel primo trimestre. Nel 2023 i morti sul lavoro in Italia furono 1.041, in leggero calo rispetto ai 1.268 del 2022, ma il trend rimane altalenante e inquietante. Il 2024 aveva registrato già nei primi cinque mesi 369 decessi, con un aumento del 3,1% rispetto al 2023.

E così, mentre famiglie intere piangono i loro cari, resta l’amara sensazione di un Paese incapace di garantire il diritto più elementare: tornare a casa dopo una giornata di lavoro. Ogni vittima lascia dietro di sé non solo un vuoto affettivo, ma anche il peso insopportabile di una tragedia che si sarebbe potuta evitare con misure di sicurezza adeguate. Ogni nome, da Yosif Gamal a Salvatore Sorbello, diventa simbolo di un’Italia che ancora oggi, nel 2025, non riesce a spezzare la catena di sangue che scorre nei cantieri, nelle fabbriche, nei capannoni e nei luoghi di lavoro.

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