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Cronaca

Morto Cesare Nosiglia, l’ex arcivescovo di Torino aveva 80 anni

L’ex arcivescovo si è spento all’Hospice Cottolengo di Chieri. Guida della diocesi dal 2010 al 2022, ha segnato la vita della Chiesa torinese con coraggio e franchezza, lasciando un’eredità di fede e impegno sociale

Morto Cesare Nosiglia, l’ex arcivescovo di Torino aveva 80 anni

È morto Cesare Nosiglia. La notizia arriva come un colpo improvviso, anche se da tempo si sapeva che le sue condizioni di salute si erano aggravate. L’ex arcivescovo di Torino si è spento nella notte tra il 26 e il 27 agosto 2025, all’età di 80 anni, all’Hospice Cottolengo di Chieri, dove era ricoverato a causa di una grave malattia respiratoria. Sarà ricordato con un funerale solenne, fissato per venerdì 29 agosto alle 15.30 nel Duomo di Torino, la stessa cattedrale dove per oltre un decennio ha guidato la comunità, e dove in tanti, fedeli e cittadini, lo avevano conosciuto come pastore vicino e diretto, uomo di fede ma anche di coraggio civile.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella giunge con la figlia Laura al Duomo di Torino, ad accoglierli Mons. Cesare Nosiglia, Custode pontificio della Sindone

novembre 2018: Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella giunge con la figlia Laura al Duomo di Torino, ad accoglierli Mons. Cesare Nosiglia, Custode pontificio della Sindone

con Elkann

nosiglia

Cesare Nosiglia, nato a Rossiglione, in Liguria, il 5 ottobre 1944, aveva scelto molto presto la via del sacerdozio. Ordinato prete nel 1968, iniziò un percorso che lo portò in pochi anni ad assumere incarichi sempre più significativi. Alla Conferenza Episcopale Italiana fu segretario generale aggiunto, poi presidente della Commissione per l’educazione cattolica, fino a diventare una figura di spicco della Chiesa italiana degli anni Novanta. Fu vescovo ausiliare di Roma e titolare di Vicus Aterii, poi vescovo di Vicenza, dove dal 2003 al 2010 lasciò una traccia forte, ricordata ancora oggi per l’attenzione ai giovani, alla cultura, al dialogo sociale. Nel 2010, papa Benedetto XVI lo nominò arcivescovo metropolita di Torino, affidandogli una delle diocesi più complesse e simboliche d’Italia, non solo per la sua storia industriale e sociale, ma anche per la presenza della Sindone.

Guidò la diocesi torinese fino al 2022, attraversando anni difficili, segnati dalla crisi economica e dalla pandemia. Non mancò mai di sottolineare, con parole chiare, l’urgenza della solidarietà e della vicinanza agli ultimi. Nei suoi interventi tornava spesso un concetto che ripeteva quasi come un mantra: la Chiesa non deve avere paura di stare per strada, di sporcarsi le mani, di condividere i pesi della gente comune. Nel 2015, Nosiglia fu protagonista dell’ostensione della Sindone, evento che richiamò a Torino milioni di pellegrini e che lui volle fortemente come occasione non di celebrazione, ma di rinnovamento spirituale.

Nel 2019, quando la diocesi di Susa rimase vacante, gli venne affidata anche la responsabilità di amministratore apostolico. Non si tirò indietro, pur essendo già anziano e provato dalla fatica: accettò quell’incarico con il suo stile sobrio e concreto, consapevole che la montagna aveva bisogno di una presenza che sapesse ascoltare. Lì trovò comunità ferite dallo spopolamento e dalle difficoltà economiche, e non mancò di denunciare la solitudine di chi abita i piccoli paesi, di chi ogni giorno lotta per non lasciare la propria terra.

Chi lo ha conosciuto ricorda in lui un carattere forte, a tratti brusco, ma sempre guidato da un senso profondo del dovere. Non amava i riflettori, eppure si trovò spesso al centro delle cronache: quando parlava di migranti, quando richiamava le istituzioni al rispetto della dignità umana, quando denunciava con parole dure la cultura dell’indifferenza. Nosiglia non faceva sconti a nessuno, e anche all’interno della Chiesa non mancava di dire la sua, con franchezza e coraggio.

Il suo ministero a Torino è stato anche il tempo dei grandi cambiamenti nella città: la crisi della Fiat, la trasformazione sociale ed economica, l’arrivo di nuove povertà. In tutto questo, lui cercò di tenere la Chiesa “sul pezzo”, come amava dire, vicina alle famiglie in difficoltà, ai senza tetto, ai giovani che non trovavano lavoro. E non si stancò mai di ripetere che la fede non è una bandiera da sventolare, ma un servizio da compiere.

Negli ultimi anni, dopo aver lasciato la guida della diocesi per raggiunti limiti d’età, si era ritirato a vita più appartata, ma non si era mai davvero allontanato dalla comunità torinese. Continuava a seguire le vicende della città e della Chiesa locale, con lo stesso interesse e la stessa passione di sempre. Sapeva che il suo corpo si stava spegnendo, ma non perse mai la lucidità e il senso della missione.

Ora Torino, Vicenza, Susa, Roma e tutte le comunità che ha attraversato lo piangono. Piangono un uomo che ha fatto della sua vita un servizio totale, che ha scelto di essere vicino agli ultimi e di ricordare a tutti che non esistono cittadini di serie B, che la dignità di ogni persona viene prima di tutto. Alla notizia della sua morte, sono stati tanti i messaggi di cordoglio, dalle istituzioni civili a quelle religiose, ma soprattutto dalle persone comuni: parrocchiani, volontari, uomini e donne che hanno incrociato la sua strada e che in lui avevano trovato non solo un vescovo, ma un punto di riferimento umano.

Cesare Nosiglia lascia un vuoto grande. La sua voce non risuonerà più dal pulpito del Duomo, le sue omelie non riempiranno più le pagine dei giornali, ma resterà la memoria di un pastore che ha creduto in una Chiesa povera, aperta, capace di stare accanto ai più fragili. E resterà, nel silenzio di chi prega e ricorda, il segno di una vita spesa fino in fondo, con coerenza, dignità e fede incrollabile.

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