Cerca

Cronaca

Solo, a 95 anni: Biagio Perrotta sceglie le fiamme per dire addio al mondo

L’ex operaio Fiat muore nell’incendio del suo appartamento in via Quarello a Torino. Rimasto senza moglie né sorella, viveva solo: il fumo lo ha soffocato, mentre i vicini sono stati evacuati per salvarsi

Solo, a 95 anni: Biagio Perrotta sceglie le fiamme per dire addio al mondo

Solitudine (foto archivio)

Era un uomo che aveva dato tutto. Biagio Perrotta, 95 anni, un’intera vita da operaio Fiat, scandita dai turni, dalle sirene della fabbrica, dalla fatica che si leggeva sulle mani. Una vita costruita tra sudore, dignità e sacrifici. Una moglie amata, una sorella che gli era stata accanto: affetti che il tempo, però, gli aveva strappato via e quando se ne sono andate entrambe, Biagio è rimasto solo, e quella solitudine si è fatta ogni giorno più pesante, più insopportabile.

Così, nella notte torrida di Ferragosto, ha scelto il fuoco come ultimo compagno. Ha appiccato un incendio nel suo appartamento al quinto piano di un condominio in via Quarello, a Torino. Le fiamme hanno cominciato a divorare le stanze, mentre il fumo denso e acre saliva rapido, insinuandosi nei corridoi, bussando alle porte dei vicini. Loro, svegliati di soprassalto, hanno sentito crepitare il legno, hanno visto il fumo nero colare dalle pareti e hanno chiamato i soccorsi. In strada, nel buio della notte, famiglie intere, con bambini in braccio e occhi pieni di paura, hanno atteso di sapere se sarebbero sopravvissuti.

foto

I vigili del fuoco sono arrivati in pochi minuti e hanno lottato contro le fiamme, salendo piano dopo piano per impedire che il fuoco si trasformasse in un inferno. Hanno evacuato l’intero palazzo, e in quelle scale soffocate dal fumo qualcuno ha rivissuto l’incubo già visto in via Nizza, qualche mese fa.

Quando finalmente i pompieri sono riusciti a entrare nell’appartamento da cui tutto era partito, la scena che si sono trovati davanti è stata straziante: Biagio era lì, senza vita, consumato non dalle fiamme ma dal fumo, dalle esalazioni che hanno riempito i suoi polmoni fino a soffocarlo.

Un uomo di 95 anni, seguito dai servizi sociali, che forse non ce la faceva più a reggere il peso del silenzio. Un uomo che aveva già perso tutto: la compagna di una vita, la sorella, ogni carezza quotidiana che poteva tenerlo ancorato al mondo. Gli restavano i ricordi, e i ricordi a volte sono catene che stringono troppo forte. Il caldo atroce di queste notti di agosto, il vuoto della sua casa, la consapevolezza di un futuro che non c’era più: forse tutto questo si è sommato, fino a portarlo a quella decisione estrema.

La sua è una morte che fa piangere non solo per la modalità, così terribile, ma per ciò che rappresenta. Biagio non è stato soltanto l’anziano che ha scatenato un incendio. È il volto di una generazione che ha costruito Torino, che ha retto l’Italia del dopoguerra, che ha dato sudore alle fabbriche e oggi muore in silenzio, dimenticata. La sua fine non è soltanto cronaca nera, è una ferita sociale. È il grido di tutti gli anziani che vivono soli, dietro porte chiuse, in appartamenti dove la voce più forte è quella della televisione lasciata accesa.

Chi lo ha conosciuto racconta di un uomo orgoglioso, dignitoso, che non voleva pesare su nessuno. Ma la dignità non basta a scacciare il silenzio. E così, quando il fumo ha avvolto le sue stanze, Biagio Perrotta ha trovato la morte in quell’aria densa, mentre fuori i vicini piangevano di paura e di sollievo per essersi salvati.

Nelle stesse ore, a Villar Dora, un altro anziano è morto soffocato dal fumo del suo appartamento, in quel caso per un corto circuito. Due storie diverse, ma unite dalla stessa fragilità: la vecchiaia che diventa un destino, la solitudine che diventa una condanna.

Torino oggi piange un uomo che se n’è andato in uno dei modi più terribili. Ma il dolore non dovrebbe fermarsi alla cronaca. Dovrebbe trasformarsi in una domanda che brucia più delle fiamme: quanti altri Biagio vivono soli, dimenticati, invisibili nelle nostre città? Quanti altri attendono una voce, una mano tesa, e invece si consumano lentamente fino a scegliere la via più crudele per dire addio?

Biagio Perrotta, 95 anni, non è morto soltanto per il fumo. È morto per la solitudine. Ed è questo che, più di ogni altra cosa, dovrebbe farci riflettere.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori