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Cronaca
14 Agosto 2025 - 18:42
polizia penitenziaria
Serata di tensione e violenza all’interno della Casa Circondariale di Ivrea. Nella notte tra il 13 e il 14 agosto un detenuto di 21 anni, di origine egiziana, ha letteralmente messo a ferro e fuoco l’istituto, costringendo otto agenti della Polizia penitenziaria a ricorrere alle cure ospedaliere. Un episodio grave, che riporta d’attualità le condizioni di lavoro di chi ogni giorno indossa la divisa dietro le sbarre e che, ancora una volta, mostra tutte le crepe di un sistema che da anni viene denunciato ma resta senza risposte.
Secondo quanto riportato dall’OSAPP (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), tutto ha avuto inizio attorno alle 18:00, quando il giovane ristretto, in evidente stato di agitazione, ha iniziato a pretendere l’erogazione immediata di una terapia medica. Nonostante i tentativi del personale sanitario e degli agenti di gestire la situazione secondo le procedure, il detenuto ha rifiutato categoricamente di collaborare. Per ore si è cercato di riportare la calma, in una mediazione logorante e difficile, che si è protratta fino alle 3:00 del mattino. Poi la degenerazione improvvisa: l’uomo si è scagliato contro i poliziotti presenti, ferendone otto.
Gli agenti sono stati trasportati d’urgenza all’ospedale di Ivrea, dove hanno ricevuto le cure del caso e sono stati dimessi con prognosi comprese tra i tre e i sette giorni. Una ferita non solo fisica ma anche simbolica, che testimonia ancora una volta la vulnerabilità di chi lavora all’interno di strutture penitenziarie sempre più allo stremo. Anche il detenuto è stato condotto in ospedale: prima del trasferimento avrebbe tentato di impiccarsi, gesto estremo che è stato sventato soltanto grazie al tempestivo intervento del personale di polizia penitenziaria. Dopo le cure, anche lui è stato dimesso.
Sull’accaduto è intervenuto il segretario generale dell’OSAPP, Leo Beneduci, che ha espresso forte preoccupazione per l’ennesimo episodio di violenza dentro le mura penitenziarie. «Non ci si meravigli – ha dichiarato – che un solo detenuto riesca a ferire otto poliziotti penitenziari. I detenuti in Italia sono pressoché intoccabili e spesso impuniti. Molti agenti, di fronte al rischio di un processo, preferiscono una convalescenza. Né l’amministrazione ha fatto in modo che il personale fosse adeguatamente preparato e dotato degli strumenti necessari per affrontare queste violenze. È così che le organizzazioni criminali continuano a spadroneggiare nelle carceri».
Parole dure, che fotografano una realtà che non è solo eporediese ma nazionale. Da anni i sindacati denunciano condizioni al limite: sovraffollamento cronico, carenza di organico, assenza di strumenti adeguati per garantire la sicurezza. Gli agenti si trovano a gestire quotidianamente non solo i problemi legati alla criminalità ma anche situazioni di disagio psicologico e sanitario, senza il supporto necessario. È così che ogni episodio rischia di trasformarsi in tragedia, con conseguenze pesanti sia per il personale sia per la tenuta complessiva degli istituti.
Il caso di Ivrea, avvenuto alla vigilia di Ferragosto, non è un fatto isolato. Anzi, si inserisce in una lunga sequenza di aggressioni che, messenero su bianco, descrivono un istituto ormai fuori controllo, dove la violenza è diventata ordinaria amministrazione.
Febbraio 2025: in due giorni consecutivi si sono verificate due aggressioni. Il 19 febbraio un detenuto di origini magrebine ha cercato di strangolare un agente colpendolo al volto; il giorno successivo un altro detenuto, insofferente per la permanenza in cella, ha aggredito un poliziotto riportando entrambi prognosi di alcuni giorni.
Marzo 2025: due detenuti, uno tunisino e uno marocchino, hanno insultato, minacciato e poi affrontato fisicamente gli agenti che tentavano di riportarli in cella.
Aprile 2025: un detenuto di nazionalità afghana ha aggredito cinque poliziotti, spedendoli tutti in ospedale con prognosi comprese tra i cinque e i dieci giorni.
Primavera 2025: un altro episodio ha visto ancora un detenuto afghano attaccare cinque agenti, ferendoli in maniera tale da costringerli a cure ospedaliere con prognosi dai quattro ai dieci giorni.
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