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Cronaca
08 Agosto 2025 - 16:19
Polizia (foto d'archivio)
Un odore insopportabile. È stato questo il campanello d’allarme che, stamattina, ha spinto i vicini di casa a comporre il numero d’emergenza.
Proveniva dall’appartamento di via Leinì 85, a Torino. Quando i vigili del fuoco e gli agenti della Polizia di Stato hanno aperto la porta, la scena era già eloquente: sul letto, il corpo senza vita di un uomo di 46 anni, ormai in avanzato stato di decomposizione.
Gli accertamenti indicano che la morte risale a diversi giorni fa. L’ipotesi più probabile, al momento, è quella di un decesso per cause naturali. Nessun segno di effrazione, nessuna traccia di violenza. Solo un uomo, solo, nella sua casa. E un silenzio che ha permesso alla morte di passare inosservata troppo a lungo.
Le informazioni trapelate parlano di una persona in salute, senza particolari patologie note. Eppure, in quell’alloggio, la vita si è fermata senza che nessuno se ne accorgesse. Fino a quando il corpo non ha iniziato a “parlare” con un cattivo odore che nessuno poteva ignorare.
Questa non è solo una notizia di cronaca. È lo specchio di una realtà che, a volte, preferiamo non vedere: quella dei morti soli in casa, scoperti solo per caso o per il cattivo odore. Storie che emergono da un’ombra di isolamento totale, spesso in quartieri pieni di gente, ma vuoti di relazioni. Perché si può essere soli anche circondati da palazzi e rumori.
A Torino – come in molte altre città – casi simili tornano con inquietante regolarità. Anziani, uomini e donne di mezza età, a volte perfino giovani: accomunati da una rete sociale inesistente o interrotta. Nessuno che si accorga della loro assenza, nessuno che li chiami, nessuno che bussi alla porta. La solitudine, in questi casi, non è una condizione temporanea. È una condanna silenziosa.
E così, la cronaca di oggi non è solo il racconto di un corpo trovato, ma il monito di un fallimento collettivo: quello di una società che non riesce più a riconoscere i segnali di chi si sta spegnendo, non tanto fisicamente quanto umanamente. Perché non si muore solo di malattia: si muore anche di assenza, di invisibilità, di mancanza di contatto. E quando la morte arriva, non c’è nessuno a dare l’ultimo saluto, se non gli operatori incaricati della rimozione della salma.
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