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Cronaca
06 Agosto 2025 - 21:32
Stefano Argentino e Sara Campanella
Aveva ventidue anni. Avrebbe dovuto comparire in aula il prossimo 10 settembre, per rispondere dell’omicidio di Sara Campanella, la studentessa universitaria di Messina che aveva accoltellato a morte il 31 marzo scorso. Invece Stefano Argentino si è tolto la vita, impiccandosi nella sua cella del carcere di Gazzi, nel pomeriggio di martedì 6 agosto.
Era detenuto nella struttura penitenziaria messinese, non più in regime di alta sorveglianza. Dopo un periodo in cui aveva manifestato istinti suicidi ed era stato monitorato costantemente, era stato riportato in cella con altri due compagni. Aveva ricominciato a mangiare, a dialogare, a frequentare le aree comuni. Sembrava, almeno all’apparenza, rientrato in una normalità relativa. Ma evidentemente quella calma era solo apparente.
Secondo quanto trapela, il giovane si sarebbe allontanato improvvisamente dai suoi compagni. Poco dopo, gli agenti della polizia penitenziaria l’hanno trovato impiccato, con una corda rudimentale legata al collo, privo di vita. La Procura di Messina, guidata da Antonio D’Amato, ha aperto un fascicolo per chiarire le circostanze del suicidio.
Una morte che non chiude le ferite. Le riapre. Perché quella che si sarebbe dovuta celebrare tra un mese sarebbe stata la prima udienza di un processo atteso, doloroso, simbolico. Sara Campanella era una ragazza piena di vita, e sapeva che quella vita era in pericolo. Il giorno del suo assassinio, aveva scritto un messaggio alle amiche: "Il malato mi segue". Era stata seguita, minacciata, molestata a lungo da Argentino. Quel 31 marzo aveva persino attivato la registrazione audio del cellulare, per documentare le molestie. Nelle registrazioni, pubblicate a suo tempo dai media, si sente chiaramente la voce della ragazza: "Non voglio nulla con te. Spero ora, dopo un anno, di essere stata chiara. L’ultima volta ti ho detto di lasciarmi in pace, cosa hai capito di questa cosa? Tu te ne torni a casa tua, io continuo per la mia strada, o mi devi seguire fino… Mi stai seguendo". Poi, i rumori. Le urla. Il sangue.
L’inchiesta dei carabinieri di Messina aveva accertato la premeditazione: Argentino aveva acquistato su Amazon un coltello a lama fissa pochi giorni prima. La scatola era stata ritrovata nella sua stanza in affitto. L’arma, mai ritrovata, sarebbe perfettamente compatibile con le ferite inferte a Sara.
La sua morte interrompe il processo penale, ma lascia aperti mille interrogativi: sulla tenuta del sistema penitenziario, sulla sorveglianza dei detenuti psichicamente fragili, sulle responsabilità. Ma soprattutto lascia una famiglia, quella di Sara Campanella, senza giustizia.
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