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Cronaca
07 Luglio 2025 - 10:30
Operazione antimafia tra Asti e Torino: sequestrati beni immobiliari anche in Canavese
Trent’anni di indagini, un patrimonio accumulato nell’ombra, una strategia silenziosa e persistente di reinvestimento di capitali di origine illecita. È questo lo scenario emerso dall’operazione condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Asti, che ha portato al sequestro di immobili e terreni per un valore superiore ai 200mila euro, distribuiti tra le province di Asti e Torino. Un colpo mirato a interrompere la spirale del crimine, non colpendo le persone ma disinnescando i patrimoni.
Le misure sono state emesse dal Tribunale di Torino in forma di prevenzione patrimoniale, lo strumento giuridico previsto dalla normativa antimafia per contrastare l’arricchimento illecito. In questo caso, gli accertamenti hanno coinvolto soggetti già noti alle forze dell’ordine per la commissione sistematica di reati contro il patrimonio, in particolare truffe ai danni di anziani, furti e ricettazione. Una carriera criminale lunga e documentata, fatta di condanne e carcere, che ha giustificato il sequestro come misura di tutela collettiva.
Nel mirino sono finiti quattro beni immobiliari: un’abitazione principale nella frazione Quarto Inferiore di Asti, una villetta indipendente con terreno a San Maurizio Canavese e due appezzamenti di terreno a San Francesco al Campo, per un’estensione complessiva di oltre 3.000 metri quadrati. Non si tratta solo di proprietà di pregio, ma di investimenti mirati, spesso intestati a terzi o frutto di operazioni formalmente regolari, dietro cui però si nascondevano proventi illeciti.
Elemento chiave dell’indagine è stata la sproporzione tra i redditi dichiarati e il valore dei beni acquisiti. È proprio questo squilibrio a costituire la prova regina dell’origine sospetta del denaro impiegato. I carabinieri hanno lavorato incrociando dati fiscali, atti notarili, visure catastali e movimenti bancari, costruendo un quadro completo e dettagliato della situazione patrimoniale dei soggetti indagati.
Una volta accertata la discrepanza, il sequestro è diventato inevitabile. Tutti i beni sono stati affidati a un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale, che ha provveduto alla catalogazione e gestione secondo i protocolli previsti. Concluso l’iter giudiziario, passeranno al patrimonio dello Stato, diventando eventualmente riutilizzabili per fini sociali o istituzionali.
L’operazione si inserisce in un più ampio contesto di contrasto alla criminalità economica. Proprio negli stessi giorni, ad Alessandria e provincia, i carabinieri hanno denunciato otto persone per lavoro nero e sospeso tre attività commerciali, riscontrando violazioni gravi in diversi settori e infliggendo sanzioni amministrative e penali per oltre 110mila euro. E sempre nell’Astigiano, la Guardia di Finanza ha sequestrato una Ferrari F430 contraffatta, nell’ambito di un’operazione ribattezzata “Cavallino”.
Il messaggio è chiaro: il contrasto alla criminalità non si limita alla repressione diretta, ma si muove anche sul piano economico e patrimoniale, colpendo il vero cuore del potere criminale. Ogni bene sequestrato è un freno al reinvestimento, ogni misura di prevenzione è una barriera contro la ricostruzione di potere. In questo caso, i carabinieri hanno dimostrato che la pazienza investigativa, anche se lunga trent’anni, può restituire risultati concreti.
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