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Cronaca
07 Maggio 2025 - 22:08
Antonio Fassino
Il caso giudiziario sull’inquinamento atmosferico a Torino torna sotto i riflettori del Palazzo di Giustizia. Dopo il colpo di scena del 4 luglio 2023, quando il giudice dell’udienza predibattimentale Roberto Ruscello ha prosciolto sette ex amministratori pubblici dalle accuse di inquinamento colposo, la procura generale ha deciso di non arrendersi. Domani, mercoledì 8 maggio, si aprirà in Corte d’Appello la discussione del ricorso presentato contro quella decisione, che aveva fatto molto discutere per le sue implicazioni sul ruolo e le responsabilità delle istituzioni nei confronti della salute pubblica.
Tra i prosciolti figurano nomi eccellenti della politica piemontese e torinese: Sergio Chiamparino, ex presidente della Regione Piemonte, Piero Fassino ed Chiara Appendino, ex sindaci di Torino. Con loro altri amministratori pubblici ritenuti, inizialmente, responsabili dell’inerzia o della scarsa efficacia delle politiche ambientali messe in atto per contrastare l’inquinamento da polveri sottili, in particolare il famigerato pm10, da anni sotto osservazione per i suoi effetti nocivi sull’apparato respiratorio.
Chiara Appendino
A guidare l'accusa in aula sarà Lucia Musti, procuratore generale presso la Corte d’Appello, che ha scelto di presenziare personalmente alla discussione, a testimonianza del peso che l’ufficio assegna a questa vicenda giudiziaria. Il ricorso è stato firmato dal procuratore reggente Enrica Gabetta, dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e dal sostituto procuratore Gianfranco Colace. I tre magistrati hanno redatto un documento di 25 pagine, con il quale smontano, punto per punto, la sentenza di primo grado.
Nel ricorso, i pubblici ministeri contestano la scelta del giudice di prosciogliere gli imputati con la formula dell’insussistenza del fatto. Secondo i firmatari del ricorso, almeno per quanto riguarda il superamento dei limiti giornalieri delle polveri sottili, “sono stati raggiunti sforamenti significativi, tali da comportare un deterioramento dell’aria in termini penalmente rilevanti”. Una tesi che, se accolta dalla Corte, potrebbe rimettere in discussione le responsabilità gestionali e politiche degli ex amministratori.
Ancora più pesante è la riflessione contenuta nella memoria della procura, laddove si afferma che se si accettasse il ragionamento del giudice Ruscello, il reato di inquinamento colposo diverrebbe praticamente “inapplicabile agli amministratori pubblici”. Ma, ribattono i pm, “la legge impone loro di adottare misure concrete per raggiungere i valori limite di qualità dell’aria nel più breve tempo possibile”.
Alla richiesta della procura si aggiunge anche il contributo di Torino Respira, il comitato ambientalista costituitosi parte civile. Insieme al ricorso, la procura ha infatti allegato una dettagliata memoria tecnico-giuridica redatta dall’avvocato Marino Careglio, legale del comitato. Nel documento si sottolinea come la sentenza del Tribunale “monocratico” di Torino rappresenti, testualmente, “un diffuso svilimento del tema ‘inquinamento atmosferico’, che si manifesta sia nella ricostruzione dei fatti oggetto di giudizio sia nelle valutazioni di carattere più prettamente giuridico”.
Secondo i firmatari della memoria, è proprio l'approccio “riduttivo” del giudice Ruscello a minimizzare il legame tra l'inquinamento ambientale e le condotte (o omissioni) degli amministratori pubblici. Una posizione che, per i promotori del ricorso, finisce per svuotare di significato lo stesso impianto normativo italiano a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.
La partita ora si sposta in Corte d’Appello. Una nuova occasione, forse l’ultima, per chiarire se le scelte amministrative in materia ambientale possano — o debbano — avere un corrispettivo anche sul piano penale. Sullo sfondo, resta l’aria che ogni giorno i torinesi respirano. E il dibattito, più che mai attuale, su quanto le istituzioni debbano rispondere delle loro politiche ambientali quando queste risultano insufficienti.
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