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Cronaca
16 Aprile 2025 - 09:54
Rogo all’ex Gondrand: degrado e paura non dormono mai a Torino
Alle sei del mattino, mentre la città si svegliava, una colonna di fumo nera si alzava dal quarto piano dell’ex stabilimento Gondrand di via Cigna, periferia nord di Torino. Un altro incendio, un altro allarme. E, come sempre, la stessa rabbia: quella di chi vive da anni accanto a un rudere trasformato in ricettacolo di disperazione, droga e pericolo.
L’intervento dei vigili del fuoco e della polizia è stato rapido, ma le fiamme hanno riacceso un problema che non è mai stato spento: l’ex Gondrand è una ferita aperta, mai curata, lasciata incancrenire. Non è solo uno stabile fatiscente: è un epicentro di degrado che neanche gli sgomberi a ripetizione hanno saputo bonificare. All’interno, ancora oggi, si muovono tossicodipendenti, spacciatori, senza fissa dimora. Alcuni lo chiamano “dormitorio”, altri lo descrivono come una trappola pronta a esplodere.
Il rogo di stamattina, secondo le prime ipotesi, potrebbe essere stato causato da chi cercava un po’ di calore o stava cucinando. Ma il punto non è come si è sviluppato l’incendio: il punto è perché ci fosse ancora qualcuno lì dentro, nonostante anni di denunce, tragedie e promesse non mantenute.
Già anni fa, in quello stesso edificio, un ragazzo era morto precipitando nella tromba dell’ascensore. Un dramma che, a detta dei residenti, avrebbe dovuto segnare la svolta. Ma non è successo nulla. Verangela Marino, capogruppo di Fratelli d’Italia in circoscrizione 6, non nasconde la frustrazione: “Bisogna aspettare un altro morto?”, chiede con amarezza.
Le parole però non bastano più. Servono azioni concrete. Serve murare gli ingressi, sorvegliare l’area, fare una volta per tutte scelte politiche coraggiose. Perché se oggi è toccato a un incendio, domani potrebbe toccare di nuovo a una vita. La “autostrada di droga”, come qualcuno l’ha definita, resta aperta. E con essa, la sensazione che Torino abbia zone dove lo Stato ha semplicemente smesso di entrare.
Per ora, a fare notizia sono le fiamme. Ma sotto le ceneri, brucia qualcosa di più profondo: il senso di abbandono di un’intera comunità.
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