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Cronaca
04 Marzo 2025 - 22:30
Multe
Certe storie sembrano uscite dalla sceneggiatura di un film comico, se non fosse che sono vere. Un boss della 'ndrangheta, condannato e finito dietro le sbarre per associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta "Colpo di Coda", si era visto confiscare la propria auto dallo Stato nel lontano 2015. Come prevede la legge, il veicolo è stato sottratto alla criminalità e assegnato a un ente pubblico o alle forze dell’ordine: una di quelle operazioni che dovrebbero rappresentare il trionfo della giustizia. E invece, qualche anno dopo, il boss ha scoperto che la macchina gli stava ancora dando grattacapi. Ma non per il motivo che ci si aspetterebbe.
Dopo aver scontato la pena, l'ex proprietario si è ritrovato bersagliato da una pioggia di multe. Infrazioni per semafori rossi bruciati a Torino, pedaggi non pagati in autostrada nei dintorni di Firenze, invasioni di corsie preferenziali, contravvenzioni rilevate dai vigili di Rivarolo Canavese e Collegno.
Un vero tour de force dell’illegalità stradale. Peccato che il destinatario dei verbali fosse sempre lo stesso: lui. Il problema? Quando quelle violazioni venivano commesse, il boss non aveva più il controllo della vettura, che era ormai nelle mani dello Stato.
Di fronte a questa valanga di sanzioni, l'ex detenuto ha pensato bene di rivolgersi a un avvocato. Il legale ha sollevato una questione tutt'altro che trascurabile: come poteva il suo assistito essere ritenuto responsabile per infrazioni commesse con un'auto che non gli apparteneva più?
Il conto, infatti, non si è fermato a qualche centinaio di euro. Una delle sanzioni, accumulando interessi e more, ha raggiunto la stratosferica cifra di 14 mila euro. E come si è deciso di recuperare questa somma? Con un pignoramento su terzi, che ha colpito perfino alcuni parenti del boss, ai quali è stata trattenuta una parte dello stipendio. Una soluzione creativa: non si sa chi ha guidato l’auto, ma si sa da chi prendere i soldi.
Analizzando il caso, il suo avvocato ha individuato il problema: un errore di trascrizione nei registri pubblici.
L’auto, pur risultando confiscata al PRA, non era stata cancellata dall’archivio nazionale dei veicoli, e per la burocrazia stradale risultava ancora formalmente intestata all'ex boss. Una svista che ha trasformato una confisca in una persecuzione amministrativa.
Solo dopo numerose sollecitazioni, l’errore è stato finalmente corretto e stanno iniziando ad arrivare i primi annullamenti delle multe. Ma la domanda resta: quanti altri ex proprietari di auto confiscate si saranno ritrovati nella stessa surreale situazione? Quando la lotta alla criminalità incontra la macchina inceppata della burocrazia, può capitare che lo Stato sequestri un’auto... ma si dimentichi di toglierla dal nome del vecchio padrone.
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