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Cronaca

Sandro Osnaghi, il visionario dell’informatica italiana che sfiorò la rivoluzione Microsoft

Dall’Olivetti di Ivrea alla Silicon Valley, passando per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Addio a un pioniere dell’informatica che sognava un futuro connesso e aperto

Sandro Osnaghi

Sandro Osnaghi

Domenica 9 febbraio 2025, nella sua casa di Milano, si è spento all’età di 84 anni Sandro Osnaghi, una delle menti più brillanti dell’informatica italiana, un uomo che ha lasciato un segno profondo nella storia della tecnologia del nostro Paese. Una vita dedicata all’innovazione, vissuta tra codici e algoritmi, tra sogni di standard aperti e sistemi rivoluzionari. Un uomo che ha visto il futuro prima degli altri e ha cercato, con determinazione e visione, di plasmarlo.

Nato nel 1941, Osnaghi ha respirato innovazione fin dagli esordi della sua carriera. Il suo viaggio nel mondo dell’informatica inizia nel 1974 quando entra in Olivetti, azienda che in quegli anni non era solo un colosso dell’industria italiana, ma un vero e proprio laboratorio di idee, capace di competere con le grandi potenze dell’hi-tech mondiale.

Osnaghi diventa Director of Software Development nella Divisione Computer Products presso la sede centrale di Ivrea, un ruolo che gli permette di guidare lo sviluppo di software avanzati e sistemi operativi per i computer dell’azienda. Ma non si ferma lì. Il suo talento lo porta presto oltre oceano, in California, dove assume il ruolo di responsabile dell’Operating System Department dell’Advanced Technology Centre di Olivetti a Cupertino, nel cuore pulsante della Silicon Valley.

L’esperienza statunitense lo mette a contatto con il futuro, con le aziende e i cervelli che stanno costruendo l’era digitale. Ed è lì che intuisce l’importanza degli standard aperti, un principio che lo porterà, nel 1985, a essere tra i membri fondatori di X/Open, un consorzio internazionale creato per garantire l’interoperabilità tra i diversi sistemi informatici.

Forse uno degli episodi più iconici della carriera di Osnaghi è legato all’incontro – o meglio, al mancato accordo – con Bill Gates. Siamo alla fine degli anni ‘70, un giovanissimo Gates, ancora lontano dal diventare il miliardario dominatore dell’informatica mondiale, bussa alle porte di Olivetti a Ivrea.

Ha con sé MS-DOS, il sistema operativo che di lì a poco sarebbe diventato lo standard per i personal computer di tutto il mondo. Chiede di incontrare Osnaghi, che guida il team di programmatori dell’azienda. L’incontro avviene, ma non porta ad alcuna collaborazione. Olivetti decide di non investire su quello che sarebbe poi diventato il cuore di Microsoft.

Un’occasione persa? Forse. Ma Osnaghi non era un uomo che guardava indietro. Per lui, l’informatica non era solo business, era un modo per migliorare il mondo, per rendere la tecnologia un bene accessibile a tutti.

Se negli anni ‘70 e ‘80 Osnaghi aveva plasmato il futuro dell’informatica industriale, nei decenni successivi il suo impegno si è spostato sulla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

Nel 2005 ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo dello SPC (Sistema Pubblico di Connettività), un progetto ambizioso nato con l’obiettivo di creare un’infrastruttura digitale moderna per le amministrazioni italiane. Una rivoluzione che mirava a rendere lo Stato più efficiente, più interconnesso, più vicino ai cittadini.

Ma Osnaghi non era un uomo che si accontentava. Nel 2014, in un’intervista, dichiarò senza mezzi termini che lo SPC era ormai superato, un’idea nata con buone intenzioni ma incapace di tenere il passo con l’evoluzione delle tecnologie Internet. Criticò aspramente le scelte governative, sottolineando la necessità di approcci più moderni e flessibili, un pensiero che ancora oggi risuona attuale in un Paese che fatica a stare al passo con la digitalizzazione.

Nel 2003, il quotidiano L’Unità gli dedicò un titolo suggestivo: “L’ingegnere che sussurrava a Bill Gates”. Un omaggio alla sua influenza nel mondo dell’innovazione, alla sua capacità di dialogare con le menti più brillanti della tecnologia mondiale, ma anche alla sua figura di uomo schivo, lontano dai riflettori, più incline a lavorare dietro le quinte che a prendersi il merito dei successi.

Osnaghi ha sempre preferito il contenuto alla forma, la sostanza alle dichiarazioni. Non era un uomo da convegni o palcoscenici, ma era un pilastro per chiunque avesse avuto il privilegio di lavorare con lui.

Oggi, mentre il mondo dell’informatica italiana lo saluta, resta il senso di un’eredità immensa, fatta di idee, progetti e intuizioni che hanno anticipato il futuro.

Le sue battaglie per un’informatica libera, interconnessa, aperta, il suo sogno di una tecnologia al servizio della collettività, il suo contributo alla creazione di una cultura digitale in Italia restano un patrimonio prezioso.

Non tutti lo conoscevano, ma chi ha incrociato il suo cammino sa che senza Sandro Osnaghi, la storia dell’informatica italiana sarebbe stata molto diversa.

E forse, in qualche angolo di Cupertino o Ivrea, qualcuno oggi si ferma un attimo, pensando a quell’ingegnere italiano che, con la sua visione e il suo talento, ha lasciato un segno indelebile nella rivoluzione digitale.

Addio, ingegnere. Il codice continua a girare, anche grazie a te.

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