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Cronaca

Carabiniere accusato di abusi: tifoso juventino picchia la moglie per un commento sul Napoli

Un carabiniere torinese sotto processo per vent'anni di violenze domestiche, scatenato da una partita di calcio

Carabiniere accusato

Carabiniere accusato di maltrattamenti: il caso che scuote Torino e le forze dell'ordine

In un'aula di tribunale torinese, si sta svolgendo un processo che ha attirato l'attenzione non solo per la gravità delle accuse, ma anche per l'identità dell'imputato: un carabiniere alle soglie della pensione, accusato di aver maltrattato la moglie per oltre vent'anni. Un caso che solleva interrogativi inquietanti su come il potere e l'autorità possano essere distorti e usati per opprimere chi dovrebbe essere protetto.

La vicenda ha avuto un momento di svolta in un contesto apparentemente banale: una partita di calcio tra Napoli e Juventus. La moglie dell'imputato, in un commento innocente, ha ipotizzato una possibile vittoria del Napoli. Questo è bastato a scatenare la furia del marito, un fervente tifoso juventino, che ha reagito con violenza fisica e verbale. Un episodio che, purtroppo, non è stato isolato, ma parte di un lungo elenco di abusi che risalgono al 2002.

Le accuse emerse in tribunale dipingono un quadro di violenze domestiche che si sono protratte per oltre due decenni. La moglie, che ha finalmente trovato il coraggio di denunciare, ha raccontato di insulti, minacce e aggressioni fisiche. "Mi ha preso a pugni e io mi sono rifugiata dai vicini", ha testimoniato in aula, ricordando un episodio particolarmente violento che l'ha portata all'ospedale Martini. La donna ha spiegato di aver ritirato una precedente denuncia per paura delle ritorsioni del marito, data la sua posizione nelle forze dell'ordine.

Carabiniere usava violenza contro la moglie

Un clima di terrore per la famiglia

Il figlio della coppia, che ha scelto di testimoniare da dietro un paravento per non incrociare lo sguardo del padre, ha confermato il clima di terrore che si respirava in casa. "Bastava una scintilla e lui tirava fuori di tutto", ha dichiarato, ricordando episodi di violenza verbale e fisica che hanno segnato la sua infanzia. Le regole assurde imposte dal padre, come il divieto di indossare il pigiama o di bere zabaione, erano solo una parte di un sistema di controllo e umiliazione che ha isolato la famiglia dal resto del mondo.

Questo caso solleva domande cruciali sul ruolo delle forze dell'ordine e sulla responsabilità di chi indossa una divisa. Come può un carabiniere, simbolo di protezione e giustizia, trasformarsi in un oppressore all'interno delle mura domestiche? La vicenda mette in luce la necessità di un controllo più rigoroso e di un supporto adeguato per le vittime di violenza domestica, indipendentemente dalla posizione sociale o lavorativa dell'aggressore.

La moglie dell'imputato, assistita dall'avvocato Alessandra Lentini, ha deciso di costituirsi parte civile e di raccontare la sua storia in tribunale. "Le persone non cambiano", ha dichiarato, spiegando la sua decisione di denunciare nuovamente il marito dopo anni di silenzio. La sua testimonianza, supportata dai figli, rappresenta un atto di coraggio che potrebbe incoraggiare altre vittime a fare lo stesso.

Il processo è ancora in corso, ma ha già sollevato un dibattito acceso a Torino e non solo. La comunità si interroga su come sia possibile che una situazione di abuso così prolungata sia potuta passare inosservata per tanto tempo. Le forze dell'ordine, da parte loro, sono chiamate a riflettere su come prevenire e affrontare casi simili in futuro.

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