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Cronaca

Picchiata, sequestrata e costretta a perdere il bambino: l’inferno di una ragazza di 20 anni

Arrestato il compagno 25enne: condannato a due anni e due mesi per maltrattamenti e lesioni aggravate. La giovane, intrappolata in un ciclo di violenze, è stata salvata solo grazie all’intervento di un’amica e dei vicini

Picchiata, sequestrata e costretta a perdere il bambino: l’inferno di una ragazza di 20 anni

Lavorava come cameriera in un bar quando l’ha incontrato. All’inizio sembrava l’inizio di una storia d’amore, ma ben presto si è trasformata in un incubo. In meno di cinque mesi, quella relazione ha portato a tre pestaggi, due sequestri di persona (anche se il reato non è stato contestato) e, purtroppo, un aborto.

Lei ha appena vent’anni, mentre lui ne ha 25. Il calvario è iniziato pochi giorni dopo il loro primo incontro e si è concluso solo il 23 ottobre, quando l’uomo è stato arrestato dalla polizia. Ieri è arrivata la condanna: due anni e due mesi di reclusione per maltrattamenti e lesioni aggravate dalla gravidanza della vittima. La giudice Diamante Minucci ha accolto la richiesta della pm Manuela Pedrotta, disponendo anche una provvisionale di 5.000 euro per la giovane, che si era costituita parte civile con l’avvocata Stefania Giordano.

Il racconto della ragazza è straziante e carico di dettagli che lasciano poco spazio all’immaginazione. Nel verbale della denuncia emerge una spirale di violenza, iniziata con la prima aggressione nella casa del compagno. «Era fuori di sé per la droga – ha raccontato – ma non ho chiamato il 112 perché non conoscevo ancora bene l’italiano. Ero arrivata da poco in Italia e non sapevo come chiedere aiuto».

Dopo un mese, la giovane scopre di essere incinta. Lui, inizialmente, sembra felice, ma l’illusione dura poco. A settembre, durante una passeggiata, lo sorprende a drogarsi con due ragazze. Quando lo affronta, scatta la violenza: pugni alla testa, un calcio in pancia e altri colpi così brutali che le due ragazze cercano di fermarlo. Lei fugge, senza scarpe e con i vestiti strappati, inseguita da lui che brandisce una bottiglia di vetro.

Nonostante tutto, nessuno interviene. La madre del giovane, invece di proteggere la ragazza, la convince a seguirla e la rinchiude in una casa abbandonata insieme a due cani. Lì, l’uomo la raggiunge e la picchia di nuovo. È sua sorella, il giorno successivo, a riuscire a salvarla, portandola via da quell’orrore.

«Mi avevano tolto anche il telefono – ha aggiunto la vittima – e non avevo mai potuto fare una visita ginecologica. Una settimana dopo, ho perso il bambino». La correlazione tra le violenze e l’aborto non è stata dimostrata scientificamente, ma i medici hanno confermato che la placenta si era rotta.

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Anche dopo l’aborto, però, le violenze non si fermano. La giovane viene nuovamente chiusa in casa, privata della libertà. È un’amica, questa volta, a salvarla, denunciando tutto dopo l’ennesima aggressione. L’arresto dell’uomo avviene grazie ai vicini, che chiamano la polizia.

Mentre lo portavano via, lui ha trovato il tempo per lanciare un’ultima minaccia: «Appena esco ti schiaccio sotto le ruote della macchina».

Un processo rapido, con rito abbreviato, ha portato alla condanna dell’uomo, che ha una lunga lista di precedenti. Per la giovane, il cammino verso la guarigione sarà lungo, ma il peggio – almeno per ora – sembra essere finito.

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