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Cronaca

La maestra torna in classe: genitori in rivolta alla Sinigaglia

Dopo le accuse di maltrattamenti, assoluzione e polemiche: Laura Prunotto riassegnata alla scuola dei bambini coinvolti. Rabbia, paure e richieste di spiegazioni da parte delle famiglie.

Scuola (foto archivio)

Scuola (foto archivio)

La notizia è esplosa come una bomba nelle chat dei genitori della scuola elementare Leone Sinigaglia di Torino, nel quartiere Santa Rita. Laura Prunotto, la maestra al centro di una lunga e tormentata vicenda giudiziaria, tornerà a insegnare. Per molti genitori, il ritorno è inaccettabile: l’eco delle accuse e delle testimonianze ascoltate durante il processo non si è ancora spenta.

Le accuse contro Prunotto risalivano a un periodo in cui la maestra era in servizio proprio alla Sinigaglia. Secondo quanto denunciato dai genitori di ben 21 bambini, la docente avrebbe costretto alcuni alunni a trattenere la pipì fino a farsela addosso, insultato i piccoli con epiteti umilianti e persino lanciato oggetti contro di loro, come un vocabolario che avrebbe colpito una bambina. Gli episodi descritti dipingono un clima di tensione e paura che, secondo le testimonianze, avrebbe segnato profondamente le giovani vittime. Questi racconti avevano portato all’arresto della maestra e a un processo lungo e complesso, conclusosi il 12 dicembre con una sentenza di assoluzione.

Nonostante il verdetto favorevole, il ritorno della maestra nella stessa scuola dove si erano consumate le presunte vessazioni ha riacceso le polemiche. Per molti genitori, il solo pensiero che Prunotto possa entrare nuovamente in aula è motivo di angoscia. I fratelli minori dei bambini coinvolti nella vicenda giudiziaria frequentano ancora la Sinigaglia, e le famiglie temono che il passato possa ripetersi. "Non potevano mandarla in un’altra scuola? È assurdo pensare di rimetterla nello stesso luogo dove sono avvenuti i fatti denunciati", è il pensiero condiviso da molti.

Il provveditorato ha deciso di reintegrare Laura Prunotto dopo che il provvedimento disciplinare emesso a suo carico è decaduto con l’assoluzione. Tuttavia, l’assegnazione è accompagnata da rigide precauzioni: la maestra potrà insegnare solo a determinate condizioni, tra cui l’affiancamento continuo di un’altra docente, l’obbligo di mantenere la porta dell’aula sempre aperta e un orario ridotto. Queste misure, pensate per garantire un ambiente più sicuro, non bastano però a rassicurare le famiglie.

Le proteste non si sono fatte attendere. In questi giorni, le chat WhatsApp dei genitori sono in fermento, tra messaggi di rabbia e richieste di intervento. Alcuni hanno contattato direttamente la preside dell’istituto, chiedendo un incontro per discutere della situazione. Altri hanno scritto al provveditorato e persino alla procura, auspicando che si possa fare ricorso contro l’assoluzione. Non sono mancate segnalazioni dirette alla pm Giulia Rizzo, che durante il processo aveva richiesto per l’imputata una condanna a quattro anni di reclusione. "Quello che è successo non può essere dimenticato. Abbiamo ancora negli occhi le immagini di quel periodo. Vogliamo delle garanzie, e non accetteremo mai questa decisione", si legge in alcuni messaggi inviati alla dirigente scolastica.

Il caso Prunotto ha assunto i contorni di una battaglia non solo giudiziaria, ma anche sociale.

Da un lato, la giustizia ha stabilito che la maestra è innocente; dall’altro, resta il peso di quanto raccontato in aula dai genitori e dagli stessi bambini coinvolti. Una delle testimonianze più forti è quella di un padre: "Mia figlia adesso fa la seconda media, ma quello che ha vissuto lo ricordo bene. Piangeva ogni giorno, non voleva andare a scuola. Ho denunciato tutto, mi sono costituito parte civile e ho fornito agli inquirenti ogni prova in mio possesso. E ora scopro che la stessa maestra rischia di trovarsi nella classe di mio figlio più piccolo". Parole che riflettono la tensione e il dolore che continuano a segnare la comunità scolastica.

Laura Prunotto, da parte sua, si dichiara serena e pronta a tornare al lavoro. In passato, aveva definito le accuse mosse contro di lei come parte di un complotto, sostenendo di essere stata vittima di menzogne e calunnie. La maestra ha sempre ribadito di non aver mai fatto nulla di male e di voler continuare ad insegnare per il bene dei bambini. "Torno perché è un mio diritto. Non ho mai smesso di credere nella mia innocenza, e non ho mai fatto nulla per cui dovermi vergognare", ha dichiarato in più occasioni.

insegnante

La vicenda, però, sembra destinata a proseguire, non solo nei tribunali, dove potrebbe aprirsi un nuovo capitolo con il ricorso in appello, ma anche nelle aule scolastiche, dove il ritorno di Prunotto potrebbe accendere nuove tensioni. Per le famiglie coinvolte, il pensiero è chiaro: "Questa storia non è finita, e non lo sarà finché non avremo risposte e soluzioni reali".

Il quartiere Santa Rita, nel frattempo, osserva con apprensione l’evolversi della situazione. La domanda che molti si pongono è: "Perché proprio alla Sinigaglia?" Una scelta che, al momento, resta inspiegabile per chi, ogni giorno, deve affidare i propri figli a quella scuola.

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