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Cronaca
21 Novembre 2024 - 11:06
Il caso Gilioli: è un soggetto pericoloso, ma il Giudice lo assolve
Nel tranquillo scenario di Borgata Roccette, una piccola frazione di Giaveno, si è consumato un dramma che ha lasciato la comunità sotto shock. Tra il 29 e il 30 settembre dello scorso anno, Marco Gilioli, un uomo di 37 anni, ha ucciso il suo vicino di casa, Emilio Mazzoleni, di 71 anni, con una brutalità che ha scosso profondamente il paese. Gilioli, già noto per i suoi problemi psichiatrici, ha confessato l'omicidio pochi giorni dopo l'arrivo dei carabinieri, ammettendo di aver agito sotto l'influenza di voci che lo incitavano a uccidere.
Durante l'udienza di convalida del fermo, Gilioli ha dichiarato: «Ho sentito delle voci che mi dicevano di uccidere». Questa confessione, unita alla sua storia di disturbi mentali, ha portato i giudici della Corte d'Assise a una decisione controversa: l'assoluzione per incapacità di intendere e volere. Tuttavia, il tribunale ha riconosciuto la pericolosità sociale di Gilioli, ordinando il suo ricovero per dieci anni in una struttura sanitaria.
Gilioli non era un volto sconosciuto alle autorità sanitarie. Era in cura da tempo presso il Centro di Salute Mentale di Giaveno per schizofrenia, una condizione che lo aveva portato a scrivere un libro intitolato "Relatività Perfetta", un saggio di 55 pagine che rifletteva il suo "buio interiore". Nei giorni precedenti l'omicidio, aveva avvertito Mazzoleni e altri vicini: «Ho il diavolo in me, mi sto curando da solo per diventare quello che sono davvero». Parole che, col senno di poi, avrebbero potuto essere un campanello d'allarme.
Il Giudice lo assolve, anche se è considerato un soggetto pericoloso
Il pubblico ministero Manuela Pedrotta, che ha coordinato le indagini, ha raccolto 14 indizi contro Gilioli, ma ha chiesto l'assoluzione per la sua totale incapacità di intendere e volere. L'avvocato difensore, Giorgio Papotti, ha sollevato una questione cruciale: la responsabilità delle istituzioni sanitarie. Ha proposto di trasmettere gli atti alla procura per valutare eventuali mancanze da parte di chi aveva in cura Gilioli, ma la sua richiesta è stata respinta. «Credo che si sia persa un’occasione», ha commentato Papotti, alludendo a possibili interventi preventivi che avrebbero potuto evitare la tragedia.
Il caso di Marco Gilioli solleva interrogativi inquietanti sulla gestione dei pazienti psichiatrici e sulla capacità delle istituzioni di prevenire atti di violenza. La decisione del tribunale, sebbene basata su valutazioni mediche e legali, lascia aperti molti dubbi. È giusto che una persona che ha confessato un omicidio non sconti la pena in carcere? E quali sono le responsabilità delle strutture sanitarie nel monitorare e gestire pazienti con disturbi mentali gravi?
La comunità di Giaveno, ancora scossa dall'accaduto, si interroga sul futuro. La decisione di ricoverare Gilioli in una struttura sanitaria per dieci anni è vista come una misura necessaria per garantire la sicurezza pubblica. Tuttavia, resta il timore che episodi simili possano ripetersi se non si interviene in modo più efficace nella gestione dei disturbi mentali.
Questo caso mette in luce le lacune di un sistema che, a volte, sembra incapace di proteggere sia i pazienti che la società. La schizofrenia è una malattia complessa, che richiede un approccio integrato e continuo. La storia di Marco Gilioli potrebbe servire come esempio per migliorare le pratiche di cura e prevenzione, affinché tragedie simili non si ripetano.
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