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Cronaca
20 Aprile 2023 - 10:34
'ndrangheta
All’alba di oggi, a Ivrea, Chivasso e Vibo Valentia, i militari del Comando Provinciale Carabinieri di Torino hanno arrestato 9 soggetti colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Torino su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Sono ritenuti gravemente indiziati a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, nonché truffa aggravata, estorsione, ricettazione, usura, violenza privata e detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo mafioso.
L’indagine, condotta a partire dal 2015 dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – D.D.A. del capoluogo sabaudo, ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in ordine all’operatività di una locale, struttura delocalizzata e territoriale della ‘ndrangheta, operante sul territorio di Ivrea e zone limitrofe, caratterizzata dalla presenza di soggetti ritenuti appartenenti alla cosca degli Alvaro “carni i cani” di Sinopoli (RC), con struttura organizzativa e ripartizione degli associati in ruoli di vertice e subordinati, associazione che si sarebbe avvalsa della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere in particolare delitti di estorsione, truffa ed usura, con predisposizione dei mezzi necessari al raggiungimento degli obiettivi illeciti – luoghi di incontro, telefoni cellulari, utilizzo di autovetture – e con suddivisione dei ruoli.
L’esponente di spicco del sodalizio sarebbe stato individuato in Domenico Alvaro, già condannato per associazione di tipo mafioso, diretta emanazione del padre Carmine Alvaro inteso “u cupirtuni”, vertice della criminalità organizzata di matrice ‘ndranghetista nella sua articolazione territoriale intesa ‘ndrina Alvaro detta “carni i cani”, operante in Sinopoli (RC).
Le investigazioni hanno avuto inizio nel mese di novembre del 2015 da una costola delle indagini “CARNI I CANI" e “BIG BANG”con l’obiettivo di analizzare i contatti tra il clan CREA e il succitato Domenico Alvaro che quest’ultima operazione di P.G. aveva evidenziato.
Le indagini, fin dalle prime battute, hanno evidenziato in ipotesi di accusa la presenza di due ambienti criminali distinti, entrambi di matrice ‘ndraghetista in cui Domenico Alvaro si sarebbe mosso: da un lato un’organizzazione dedita ad un vasto traffico di sostanze stupefacenti su scala internazionale con base in Torino, dall’altro un’organizzazione, facente capo allo stesso Domenico Alvaro, dedita alla commissione di vari reati contro il patrimonio sul territorio italiano ed estero.
L’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti è stata censita con l’indagine “CERBERO”, del Nucleo Investigativo di Torino che, in data 05 novembre 2019, ha portato all’arresto di 71 persone per associazione di tipo mafioso ‘nadranghtista, associazione dedita al traffico internazionale di stupefacenti e altri reati.
L’organizzazione che risulta dagli elementi raccolti dedita al compimento di reati contro il patrimonio, invece, è stata approfondita con l’indagine che ha portato alle odierne misure cautelari, denominata convenzionalmente “Cagliostro”, in cui è emerso come Carmine Alvaro, servendosi del primogenito Domenico Alvaro, avrebbe strutturato una stabile articolazione di tipo mafioso ‘ndranghetista radicata sul territorio di Ivrea e zone limitrofe e collegata alla rete unitaria della ‘ndrangheta piemontese.
Oltre al reato associativo sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione di una serie di reati scopo, in particolare truffe commesse in concorso con altri indagati non appartenenti all’associazione, perpetrate ai danni di imprenditori operanti nella provincia di Torino e compiute nella seguente modalità: gli indagati, secondo l’ipotesi accusatoria, si accreditavano espressamente come persone legate a “famiglie” criminali calabresi prospettando alle vittime, alcune delle quali in difficoltà economica, la possibilità di acquistare ingenti somme di denaro “sporco” corrispondendo in cambio somme di denaro significativamente inferiori con il versamento, a titolo di anticipo, di un acconto, a volte sotto forma di lingotti d’oro e gioielli, che diventava il provento del raggiro. Una volta scoperte le truffe, gli indagati avrebbero utilizzato la loro appartenenza all’associazione mafiosa per intimidire le vittime e farli desistere da ogni azione per riavere il maltolto. Le somme sottratte in modo fraudolento supererebbero i 600.000 euro.
Inoltre sono stati raccolti elementi indiziari circa la commissione di due estorsioni condotte in danno di un broker finanziario, duramente minacciato dai membri dell’associazione mafiosa, dal quale si sarebbero fatti consegnare la somma di 85.000 euro, incassati mediante l’intermediazione di alcune società fittizie ed in danno di alcuni imprenditori operanti nel mercato ittico.
I sodali, forti della loro nota appartenenza a famiglie malavitose, avrebbero anche costretto un imprenditore edile in difficoltà economiche ad effettuare dei lavori presso l’abitazione di uno degli indagati senza corrispondere alcun prezzo, per poi indurlo ad accettare un prestito a tasso usuraio.
L’indagine ha anche consentito di raccogliere elementi per dimostrare in ipotesi di accusa il ruolo di esponenti del clan Belfiore, i quali avrebbero estorto del denaro a due degli odierni indagati in un contesto di intimidazione mafiosa che ha di fatto rivelato la caratura criminale dei rappresentanti della famiglia Belfiore, riconosciuta anche dagli esponenti della cosca Alvaro. In particolare i Belfiore si sarebbero proposti quali alternativi agli Alvaro esercitando un potere di rivalsa nei confronti di alcuni indagati, infatti in primo momento avrebbero preteso la restituzione del denaro alla vittima, salvo successivamente estorcere denaro agli indagati, quale dazio per aver compiuto azioni criminali all’interno del territorio di influenza.
I nove indagati, alcuni dei quali già gravati da diversi precedenti penali e condanne per reati associativi e afferenti agli stupefacenti, sono stati condotti presso diverse carceri situate in regioni limitrofe al Piemonte in attesa dell’interrogatorio di garanzia davanti al GIP.
TUTTI GLI INDAGATI
Carmine Alvaro, detto “U Cupirtuni” nato a Sinopoli (RC) il 16.06.1953 e ivi residente
Domenico Alvaro, detto “il biondo”, nato a Palmi (RC) il 25.081977, residente a Chivasso, attualmente detenuto presso la casa circondariale di Terni
Rosario Andiloro, nato a Bagnara Calabra (RC) il 21.05.1963 residente a Settimo Torinese
Francesco Belfiore, nato a Torino il 28.06.1973, residente a Casalborgone
Giuseppe Belfiore, nato a Gioisa Ionica il 07.10.1956, residente a Moncalieri
Carlo Paolo Brevi, nato a Ivrea, il 14.051967, residente a Torino
Aniello Maurizio Buondonno, nato a Ivrea il 13.04.1968 residente a Samone
Gian Carlo Cappelli, nato a Livorno il 31.10.1954, residente a Livorno
Flavio Carta, nato a Ivrea il 07.06.1964, residente a Samone
Giuseppe Cerrelli, nato a torino l’1.11.1978, residente a Caluso
Pancrazio Chiuruzzi, nato a Bernalda (MT) il 25.10.1952, residente a Cavagnolo
Francesco Cichello, nato a Vibo Valentia (CZ) l’1.01.1975, residente a Genova
Salvatore Cordì, nato a Mammola (RC) il 29.03.1969, residente a Tortolì
Vitantonio Danese, nato a Grottaglie (TA) il 20.12.1969, residente a Trani
Giovanni Daveti, nato a Livorno il 06.10.1951, residente a Livorno
Paolo Enrico, nato a Ivrea il 20.01.1969, residente a Borgomasino
Giovanni Furiani nato ad Alzano Lombardo (BG) il 30.10.1971, residente a Cremona
Giovanni La Montagna, nato a Casalnuovo di Napoli il 16.01.1965, domiciliato a Rivoli
Massimo Claudio Lanteri, nato a Milano il 16.10.1960, residente a Brugherio (MB)
Antonino detto “il nero” Mammoliti, nato a Valenciennes (Francia) il 26.11.1965, domiciliato a Ivrea
Stefano Marino, nato a Leonforte (En) il 28.08.1961, residente a Ivrea
Mark Martinelli, nato a Torino il 14.09.1974, residente a Torino
Salvatore Moliterni, nato a Gravina di Puglia il 22.01.1972, residente a Capriata d’Orba (Al)
Giuseppe Olivero, nato a Torre del Greco (Na) il 10.09.1974, residente a Genova
Danilo Ottaviani, nato a Roma il 06.04.1980, residente a Francavilla al mare (Ch)
Fortunato Panuzzo, detto “Natino”m nato a torino il 24.01.1975, residente a Collegno
Roberto Simeone, nato a Genova l’1.10.1978, residente a Genova
Carlo Soligo detto l’Americano”, nato a Vancouver (Canada) il 19.10.1971, residente a Silvano d’Orba
Marta Speranza, nata a Torino l’8.12.1989, residente a Candia Canavese
Piero Speranza nato a Ivrea il 22.02.1960, residente a Bollengo
Bruno Tassone, nato a Nardodipace (Cz), il 15.05.1959, residente a Chivasso
Francesco Vavalà, detto “Franco l’ippopotamo” nato a Maierato (Cz) il 23.10.1955, residente a Genova
Michael Vavalà nato a Genova il 05.02.1998, residente a Genova
Luigi Vurro, nato a Torino il 17.08.1952, residente a Torino
Gli arresti
1) Domenico Alvaro, detto “il biondo”, nato a Palmi (RC) il 25.081977, residente a Chivasso, attualmente detenuto presso la casa circondariale di Terni
2) Francesco Belfiore, nato a Torino il 28.06.1973, residente a Casalborgone
3) Giuseppe Belfiore, nato a Gioisa Ionica il 07.10.1956, residente a Moncalieri
4) Aniello Maurizio Buondonno, nato a Ivrea il 13.04.1968 residente a Samone
5) Flavio Carta, nato a Ivrea il 07.06.1964, residente a Samone
6) Antonino detto “il nero” Mammoliti, nato a Valenciennes (Francia) il 26.11.1965, domiciliato a Ivrea
7) Stefano Marino, nato a Leonforte (En) il 28.08.1961, residente a Ivrea
8) Piero Speranza nato a Ivrea il 22.02.1960, residente a Bollengo
9) Francesco Vavalà, detto “Franco l’ippopotamo” nato a Maierato (Cz) il 23.10.1955, residente a Genova
Il procedimento penale è attualmente nella fase delle indagini preliminari e i predetti indagati sono da considerare non colpevoli fino a sentenza di condanna divenuta irrevocabile
Che Domenico Alvaro della famiglia Alvaro detti "Carni i cani", commerciante di frutta e verdura e generi alimentari residente a Chivasso, fosse assolutamente di primo piano nel panorama criminale piemontese era già venuto fuori nell'ambito dell'operazione «Iris» dei carabinieri di Reggio Calabria nel 2018
Domenico Alvaro era indicato come «Padrino», referente della diramazione operativa a Chivasso ed era noto agli inquirenti per associazione a delinquere di stampo mafioso, reati in materia di armi e per un tentato omicidio.
In un’informativa del settembre 2016 a firma della Prima Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile della Questura di Torino ed indirizzata alla Procura della Repubblica si leggeva di "un quadro allarmante caratterizzato dall’interesse e dall’infiltrazione della criminalità organizzata all’interno della tifoseria ultras della Juventus, evidentemente interessata ad assicurarsi i guadagni legati alla rivendita dei titoli di accesso allo stadio».
Il suo nome era anche spuntato fuori nell’operazione «Alto Piemonte» interessato (a nome della «famiglia») ai «Guadagni derivanti dalla vendita dei biglietti». Dalle conversazioni raccolte con una lunga serie di intercettazioni anche in una grossa carrozzeria di Brandizzo (da cui il chivassese era stato formalmente assunto dopo la scarcerazione) emergeva chiaramente che Domenico Alvaro era interessato a ottenere una parte degli ingenti guadagni derivanti dalla spartizione dei biglietti messi illecitamente a disposizione dei gruppi ultras da parte della società Juventus.
Una cosca con una "straordinaria capacità criminosa dell’organizzazione, inossidabile agli attacchi provenienti dall’esterno e capace di ricomporsi in autonomia. Una delle più potenti e pericolose attualmente esistenti sul territorio calabrese. Capace di ricevere sempre nuova linfa vitale da parte di giovani leve, che vengono formalmente inserite nel tessuto criminale dell’organizzazione ovvero si rendono destinatarie di progressioni di carriera determinanti per il mantenimento degli equilibri interni al sodalizio".
Questo è il clan Alvaro di Sinopoli. Lo chiarisce il gip distrettuale di Reggio Calabria nelle pagine dell’inchiesta “Propaggine”. Gli ingredienti: ricambio generazionale, gerarchie ferree e un insieme di «regole non scritte che tengono strettamente legati tutti gli associati».
Una struttura ben oliata e con le peggiori “intenzioni”: ricorso alla violenza, pericolosità sociale, «adesione alle regole e ai valori tipicamente mafiosi». Perché «chi entra a far parte di una cosca di ‘ndrangheta aderisce a un sistema di potere e di valori che diventa l’unica regola da seguire nella vita e che rende tale scelta difficilmente reversibile».
Il locale di ‘ndrangheta di Cosoleto ha un “direttorio” formato dai membri più anziani: i fratelli Alvaro, Nicola detto “u beccausu” e Antonio detto “u massaru”, e Domenico Carzo, 81enne detto “scarpacotta”.
A questo gruppo si affianca come terminale operativo – data l’età avanzata dei “capi” – Franceso Alvaro, 65 anni, detto “Ciccio Testazza”, figlio di Antonio Alvaro. È lui che «si occupa della materiale gestione della cosca, gestione tuttavia non sempre condivisa dai sodali e anche dagli stessi membri anziani».
Sempre il Gip sottolinea l’importanza nell’economia del clan delle «giovani leve che costituiscono il futuro del sodalizio: Domenico Alvaro», appena 34enne, «possiede un’elevatissima dote di ‘ndrangheta, quella del “Vangelo”».
Anche Carmine Alvaro “u cuvertuni” e Carmelo Alvaro “Bin Laden” sono considerate «due figure dal notevole profilo criminale».
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