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In Piemonte il vaccino anti-covid è stato somministrato a quasi 10 mila persone

In Piemonte il vaccino anti-covid è stato somministrato a quasi 10 mila persone

l'assessore regionale alla sanità del Pirmonte Luigi Genesio Icardi

In Piemonte, a oggi, il vaccino anti-Covid è stato somministrato a 9.608 persone, pari al 23,5% delle prime 40 mila dosi arrivate in Regione. Lo rendono noto l'assessorato regionale alla Sanità e l'Unità di crisi della Regione. Oggi, dalle 7 alle 18, sono state 3.584 le persone ad avere ricevuto la prima dose del farmaco della Pfizer. "Ringrazio tutto il personale del servizio sanitario regionale che dà prova di grande responsabilità ed efficienza - sottolinea l'assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Luigi Genesio Icardi -. Sono lieto che la vaccinazione stia proseguendo non solo negli ospedali, ma anche nelle RSA e stiamo lavorando con il ministro Speranza per una norma di copertura nazionale che risolva il problema del consenso informato soprattutto nelle residenze socio-assistenziali, dove abbiamo tanti soggetti fragili che purtroppo non sono autonomi nell'esprimere la propria volontà". La fase 1 coinvolge, come nel resto d'Italia, il personale del servizio sanitario regionale, ospiti e operatori delle Rsa. "Non possiamo che essere soddisfatti di questi dati - commenta il commissario per la vaccinazione anti-covid, Antonio Rinaudo - La macchina organizzativa che abbiamo messo a punto sta dando i suoi frutti. Desidero anche esprimere il mio plauso ai dipendenti del servizio sanitario regionale, che, nonostante le ferie natalizie, non hanno mancato il loro appuntamento con questo passaggio fondamentale per sconfiggere il Covid, dimostrazione del loro grande senso di responsabilità e della consapevolezza della centralità del loro ruolo in questa battaglia contro la malattia". "Siamo felici che la campagna sia partita nel migliore dei modi - aggiunge il commissario generale dell'Unità di crisi, Vincenzo Coccolo -. Questa prima fase sarà anche un test importante in vista della vera sfida per la vaccinazione di tutta la popolazione, che richiederà uno sforzo senza precedenti al nostro sistema e alla cui organizzazione stiamo già lavorando".

Italia a rilento,mancano medici e siringhe

Carenze di personale sanitario e di siringhe: sono le zavorre che stanno rendendo tutt'altro che sprint la partenza della campagna per la vaccinazione contro il Covid in Italia. Nei primi tre giorni sono state somministrate oltre 52mila dosi, poco più di una su dieci delle 469.950 fiale Pfizer-Biontech già consegnate. All'estero si prosegue a ritmo decisamente più elevato: tralasciando Israele, che ha vaccinato oltre l'11% della popolazione, dall'Inghilterra alla Germania, passando per Polonia e Croazia, molti stanno facendo meglio dell'Italia, che finora ha coperto lo 0,08% dei cittadini (ma va tenuto conto che al momento il vaccino non è previsto sotto i 16 anni). Mentre la provincia autonoma di Trento marcia a ritmo sostenuto (quasi il 35% delle dosi consegnate), il Lazio è la prima regione per vaccini somministrati in assoluto, quasi 11mila (oltre il 23%). Con numeri ben inferiori, anche l'Umbria sfiora il 20%, mentre sette regioni non arrivano al 4% delle fiale a loro disposizione: Abruzzo, Lombardia, Calabria, Basilicata, Valle d'Aosta, Sardegna e il Molise, con 1,7% fanalino di coda nella graduatoria aggiornata ogni giorno dal commissario per l'emergenza. "Occorre una poderosa accelerazione", avverte la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, sottolineando che "le regioni devono mettersi a correre: nessuna dose utilizzabile può attendere di essere usata anche solo per qualche ora. Usiamo anche le ore serali ma corriamo. Presto arriverà anche Moderna". "Il ritmo a cui il vaccino viene somministrato in questi primi giorni è davvero preoccupante", denuncia Italia Viva. In Lombardia i partiti di opposizione, Pd e M5S, attaccano la giunta Fontana parlando di "confronto disarmante con altre Regioni". "Polemiche pretestuose", è la replica dell'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, e Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, predica pazienza: "Mi metterei a guardare tra qualche giorno e qualche settimana, non minuto per minuto". Dai racconti di chi si occupa della campagna vaccinale sui territori, però, emergono chiaramente le ragioni di questa partenza a rilento. Innanzitutto ci sono problemi nel reclutamento di dottori e infermieri: in diversi punti vaccinali il personale, anche alle prese con l'attività legata ai tamponi, è pronto a fare i doppi turni mentre in altri è stato necessario richiamare medici in pensione o ricorrere a volontari. Le difficoltà principali si verificano dove già prima scarseggiava il personale dedicato alle vaccinazioni tradizionali. L'azienda sanitaria del Molise cerca con urgenza di reclutarlo fra i propri dipendenti. In Calabria e in altre regioni, i medici sono costretti a somministrare le dosi anche fuori dall'orario di lavoro. Un freno, raccontano dalle corsie degli ospedali, sarebbe anche il vincolo di esclusività che impedisce di prestare opera extramoenia. In diverse strutture di Lombardia e Marche non sarebbero invece ancora arrivate le siringhe di precisione e si è ricorso in alcuni casi alle scorte degli stessi ospedali. C'è poi il fattore ferie del personale, motivo per cui in alcune strutture della Sardegna le vaccinazioni della 'fase 1', partiranno il 7 gennaio. Finora quasi 46mila vaccini sono andati agli operatori sanitari, categoria in cima alle priorità anche nel piano della Città del Vaticano, prima di forze dell'ordine, anziani e addetti dei Musei vaticani: la campagna inizierà a metà gennaio, con le dosi Pfizer in arrivo che dovrebbero bastare a immunizzare lo Stato più piccolo del mondo.
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