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29 Giugno 2018 - 11:51
Gian Paolo Brizio
Aveva mantenuto il suo incarico di Presidente della Giunta Regionale fino alla fine del suo mandato: il 29 giugno 1995 . Ma non aveva fatto mistero già alcuni mesi prima, sulla decisione di non ricandidarsi alla competizione per Palazzo Lascaris e dell’altra: quella del suo ritiro dalla scena politica. Quando gli chiesi cosa provasse nel pensare a quel palcoscenico che si era negato, rispose con la consapevolezza dell’ uomo avveduto: “l’ho fatto per motivi di salute.”
Naturalmente del palcoscenico, a sessantasei anni sentiva la mancanza, passare da un’attività parossistica come era stata la sua ad una attività normale. “Il cambiamento è grande”- aveva puntualizzato. Altrettanto vero era che con il quotidiano che si era incanalato nei vecchi ritmi passati, la tranquillità rincasata come nuova , il tempo che stava imparando ad essere più ordinato, stava meglio. Ma ogni tanto quel “dietro le quinte” spingeva. E per farlo smettere la soluzione poteva essere “continuare comunque ad occuparmi di politica e soprattutto di problemi pubblici come prima e sempre nel Partito Popolare perché credo sia il vero interprete del solidarismo cristiano.”
Ci eravamo incontrati a poche settimane dal solstizio d’estate del ‘96 , a tre passi e mezzo dal nuovo secolo: “Ciriè è pronta alla svolta?” lo interrogai. “Le prospettive sono buone. Nella zona Nord di Torino ci saranno degli investimenti pubblici rilevanti. Pensiamo alla Torino-Ceres che diventerà una linea legata alla metropolitana torinese e agli investimenti privati se continuerà una politica delle infrastrutture, forte” aveva considerato. “Ciriè, città di servizi?” avevo sollecitato. “Sì. Come è stata pensata, come è stata in parte realizzata e come è, corrisponde alla sua vocazione. Può contare anche su una voce commerciale, una evolutiva ed una produttiva. La gestione del gruppo DC è riuscita a garantirle uno sviluppo misurato senza arrivare a farla” scoppiare” come alcuni modelli della Torino-ovest”.
L’affezione che Gian Paolo Brizio Falletti provava per la sua città natale era palese come lo era altrettanto quella che Ciriè dava prova di sentire per lui. “Un cittadino che ha voluto bene alla sua città. In questi lunghi anni come amministratore, sindaco, consigliere regionale prima dell’incarico ai vertici politici della nostra Regione” era affermazione popolare consolidata. Un governante di valore, corretto ed onesto, con una profonda conoscenza della macchina amministrativa che si era distinto per il suo impegno politico e civile. Gian Paolo e basta, era invece competenza di parenti ed amici stretti che raccontavano della sua passione per la montagna che preferiva al mare. E di una seconda per la caccia, lasciata per i molti impegni. Del suo essere profondamente cristiano e della sacralità conferita agli affetti più cari e all’amicizia. Alla guida della città dal 1966 al 1975 ed ancora dal 1978 al 1980: una lunga e gratificante esperienza per il concittadino famoso, tornato a casa.
“Il sindaco più bravo di questi ultimi sedici anni?” gli chiesi provocatoria. “Ritengo che i sindaci espressi dalla DC siano stati tutti buoni sindaci. Mario Sasso per la conoscenza profonda della città e per la sua grande esperienza in campo amministrativo. Giuseppe Novero per l’impronta culturale e per lo spirito giovanile. Aldo Buratto per il forte lavoro e per il suo grande impegno”. Dunque in mani buone la Città dei D’Oria salvo l’attuale periodo “nel quale la Lega sta frenando il suo sviluppo” aveva osservato. Dalla porta finestra che si affacciava al giardino il rumore delle opere in corso tipiche della bella stagione. Dalla strada il mormorio del giorno già sveglio, di una città che si stava muovendo. “I vicini ci invidiano?” avevo domandato. “Le scuole e l’ospedale” aveva enunciato con convinzione.
“E gelosi per nulla?” avevo continuato. “Qualche edificio costruito prima del Piano Regolatore del 1975, la mancanza di un teatro e la presenza di una microdelinquenza che non dovrebbe esserci” . E freschi di elezioni politiche del 21 aprile 1996 avevo esagerato chiedendo a chi fosse andata la sua preferenza pur essendo a conoscenza che il voto è segreto. Non si era scomposto: “Ho votato per il Partito Popolare e per i candidati dell’Ulivo in coerenza a quella che è stata la mia storia politico-amministrativa”.
“Il Canavese” di venerdì 31 maggio 1996. Ricordi di un’intervista all’ex Presidente della Giunta Regionale Gian Paolo Brizio.
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