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CHIVASSO. I tigli non si abbattono (per ora). Castello perde il primo round

CHIVASSO. I tigli non si abbattono (per ora). Castello perde il primo round

Inutile sottolineare che ci fosse stato Andrea Fluttero sindaco, oggi non crescerebbe nemmeno l’erba di fronte all’ospedale. Tabula rasa. Come al passaggio di Attila. O giù di lì.

E invece siamo qui a raccontare di come una delibera approvata dalla Giunta, passata quasi indenne al dibattito in Consiglio comunale, sia stata bloccata - almeno per ora - da un gruppo di ambientalisti e cittadini chivassesi.

Ci riferiamo al provvedimento con cui l’amministrazione comunale ha approvato il progetto di riqualificazione dell’area di corso Galileo Ferraris, di fronte all’ospedale. Una riqualificazione che comporterebbe l’abbattimento degli attuali diciassette tigli per piantare nove parrotie e la sistemazione dei parcheggi esistenti.

Comporterebbe. Usiamo il condizionale. Mica a caso.

Sì, perché oggi siamo qui a incensare la vittoria del “pueblo”. Del popolo. Dei fischietti e dei megafoni. E a riferire della sconfitta del palazzo. Del governo. Della sinistra con le Hogan.

Giovedì mattina, dopo settimane di polemiche, quattrocento firme raccolte, un’interrogazione del Movimento 5 Stelle aspramente rispedita al mittente dal sindaco Claudio Castello, è successo il contrario di ciò che sembrava già scritto. Gli operai della ditta che avrebbero dovuto eseguire l’abbattimento delle piante, quando era tutto pronto per “tzan”, darci un taglio, nel senso letterale del termine, hanno riposto la motosega.  L’hanno fatto su indicazione del sindaco Castello.

Lo stesso che qualche giorno prima aveva emesso la sentenza d’esecuzione. Lo stesso che nel Consiglio del lunedì precedente aveva sbottato in faccia a Fabio Cipolla (M5S): “Quelle piante hanno 40 anni, hanno problemi di stabilità alle radici e sulle chiome. E’ nostro dovere intervenire!”.

L’intervento, per ora, ha interessato solo un albero. Il primo provenendo da piazza del Popolo. Universalmente riconosciuto come malato e quindi pericoloso.

Per gli altri, si vedrà. Lo deciderà una perizia “super partes” dell’Università di Agraria di Torino, che dovrà dirimere la controversia tra quel che dice la perizia commissionata dall’amministrazione - “vanno abbattute tutte le piante” - e ciò che sostiene quella che gli ambientalisti hanno fatto avere mercoledì pomeriggio al sindaco e all’assessore Domenico Barengo - “ne va abbattuta solo una!” -.

Che Castello potesse cambiare idea sull’abbattimento degli alberi s’è capito non appena s’è presentato in cantiere, alle otto e un quarto di giovedì, dopo che da due ore una ventina di cittadini presidiava la zona e impediva agli operai di dare il là alle motoseghe.

Invocato dai vigili urbani, dai carabinieri intervenuti, dall’assessore Barengo, dal dirigente dell’ufficio comunale Lavori Pubblici e Manutenzioni Francesco Lisa. “Decide il sindaco”. Persino dagli ambientalisti che dall’alba, con messaggi WhatsApp e chiamate hanno cercato di tirarlo giù dal letto.

Castello s’è presentato con il sorriso tirato di chi avrebbe voluto essere da tutt’altra parte. Di chi c’ha un mal di pancia così ma tant’è. “Eccomi qui”.

Dopo venti minuti di tira e molla - si taglia, non si taglia - il sindaco ha sentenziato che non si sarebbe tagliata che una pianta. E stop.

Faremo un’altra perizia e decideremo una volta per tutte”, ha infine decretato, dando il via libera a chiunque. Operai, manifestanti, vigili e carabinieri.

Oggi esultano tutti. Il centrodestra: “Che figuraccia dell’amministrazione!”. Il M5S: “Abbiamo vinto una battaglia, ma la guerra è ancora lunga”. Gli ambientalisti, che non ci possono ancora credere e che domenica mattina hanno posato messaggi sulla recinzione del cantiere per commemorare l’unico albero sinora abbattuto. I quattrocento “figli dei tigli”, firmatari della petizione. Il Pd. La Giunta: “Ha prevalso il buon senso”. Esultano Margherita Rosso. Piero e Walter Meaglia. Salvatore Gregorutti. Paolo Zandarin. Magari esulta pure da lassù il mitico Bertu Faraudello, che quante gliene diceva a Fluttero ogni volta che ordinava di tirare giù una pianta...

Tutti felici e contenti.

Ma tutti con un bell’interrogativo stampato in fronte.

Che sindaco è, Claudio Castello?

Quello che la sera in Consiglio ricorda il primo Fluttero, o quello che la mattina dopo in strada pare la fotocopia di Gianni De Mori?

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