“Per l’apertura dell’emodinamica a Chivasso credo che occorresse un’autorizzazione regionale che non c’era”. E uno. “Io mi sono sempre attivata affinché vi fosse una rete di emodinamica tra gli ospedali di Chivasso, Ciriè e Ivrea, non perché vi fosse l’emodinamica a Chivasso e stop. Ragionavo in un’ottica dell’intero territorio dell’Asl, non solo di Chivasso...”. E due. “Se non c’è più l’emodinamica oggi a Chivasso dobbiamo dire grazie al fatto che non è stata avviata alcuna trattativa pubblica per l’affidamento del servizio, ma si è proceduto con una convenzione con una clinica privata. Mi pare abbastanza evidente che sia così...”. E tre. Gianna Pentenero, consigliere regionale del Partito Democratico, le ha lanciate tutte le sue bombe, una dietro l’altra, al processo “Sanitopoli” in corso al Palazzo di Giustizia di Torino. Chiamata dagli avvocati Chieppa e Passanisi, legali di Renzo Secreto, come testimone della difesa dell’ex commissario dell’Asl To 4, coinvolto nell’inchiesta per l’apertura del laboratorio di emodinamica a Chivasso avvenuta, secondo la pubblica accusa, per soli scopi elettorali, l’ex assessore regionale all’Istruzione della Giunta Bresso ha di fatto confermato il sospetto che aleggia su questo processo. Ossia, che per certi profili si tratti di un processo “politico”. A Pentenero s’è chiesto soprattutto conto delle sue interrogazioni sull’emodinamica presentate alla Giunta di centrodestra e delle sue dichiarazioni pubbliche rilasciate nella primavera 2011 quando Chivasso andava al voto per il rinnovo del Consiglio comunale e si sfidavano l’allora sindaco uscente, Bruno Matola, e il candidato, poi vincitore, Gianni De Mori sostenuto, su tutti, proprio dalla consigliera di Casalborgone in quota al Partito Democratico. All’epoca, ricordiamo che in Giunta sedeva l’assessore regionale alla Sanità Caterina Ferrero, Pdl, anche lei convolta nell’inchiesta, che aveva come suo strettissimo collaboratore Piero Gambarino, il factotum intorno a cui ruota l’intero castello accusatorio di “Sanitopoli”. “Per l’apertura dell’emodinamica occorreva un’autorizzazione regionale che non c’era”, ha spiegato Pentenero ai pm Toso e Demontis. “Ho sempre fatto riferimento alla necessità di una rete delle emodinamiche, così come era previsto nel piano sanitario redatto dall’assessore della precedente amministrazione regionale (Artesio, ndr). Con le mie interrogazioni a Ferrero chiedevo l’avvio di un’attività in rete tra le tre aziende ospedaliere, Chivasso, Ciriè e Ivrea”, ha detto. Quindi, rispondendo alle domande dei pm sul perché, nel maggio 2011, in un’interrogazione si rammaricasse del fatto che l’apertura del laboratorio all’ospedale di Chivasso fosse avvenuta con un tutoraggio con una clinica privata, la Villa Maria Pia, Pentenero ha detto: “Sapevo che il dottor Pinneri e l’equipe di cardiologia di Chivasso avevano cercato di avviare una collaborazione, per l’apertura del servizio, finalizzata ad un periodo di tutoraggio, con aziende pubbliche. Immagino fossero state il Mauriziano o il Giovanni Bosco. Poi, venni informata da una conferenza stampa e dai direttori della struttura di cardiologia dell’ospedale, che si era deciso di avviare il tutoraggio con una clinica privata, la Villa Pia. Per le informazioni che avevo chiesi perché si era arrivati a questa scelta. Se fosse stata fatta una gara pubblica, piuttosto che un affidamento diretto, probabilmente non si sarebbe arrivati a questo punto”. Al termine dell’audizione di Pentenero, l’avvocato Nicastro, difensore di Gambarino, ha chiesto al collegio giudicante di poter sentire anche Marco Rapellino, responsabile dell’area formazione e accreditamento dell’Aress, l’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari. L’obiettivo della difesa di Gambarino è dimostrare che le autorizzazioni ci fossero tutte. Quelle, ovviamente, necessarie.
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