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CHIVASSO. Giallo di 'ndrangheta: nuova pista per Ursini?

CHIVASSO. Giallo di 'ndrangheta: nuova pista per Ursini?

URSINI ROCCO

Una serie di incendi avvenuti negli ultimi mesi ai danni di alcune ditte di Borgaro e Caselle potrebbe aiutare gli inquirenti a far luce sulla sparizione del chivassese Rocco Vincenzo Ursini, di cui si suppone la morte ma del quale non è mai stato trovato il corpo. Il regolamento di conti tra ‘ndrine è una delle piste su cui stanno indagando i carabinieri della Compagnia di Venaria per risolvere il giallo degli incendi. I fatti. Tra martedì 28 e mercoledì 29 ottobre due incendi hanno distrutto sette aziende artigianali presenti nell’area industriale dell’ex Lanificio Bona di Caselle e hanno reso inutilizzabili un’auto e due mezzi di proprietà di Asa e Teknoservice, le due società che si occupano della gestione dei rifiuti nel Canavese, custodite all’interno della ditta “Iron&Steel” di via Cottolengo a Mappano. Il collegamento con la ‘ndrangheta parte proprio da qui: la “Iron&Steel” era, prima della confisca con sentenza passata in Cassazione nel novembre 2013, di proprietà di Renato Macrì, nipote di Mario Ursini, boss delle ‘ndrine del nord, ora a piede libero (seppur con obbligo di soggiorno per 5 anni, ndr) dopo aver patteggiato la pena al processo Minotauro. Macrì è cugino di Rocco Vincenzo Ursini, quel Rocco Vincenzo Ursini di Chivasso di cui si sono perse le tracce dall’aprile 2009. Aveva 28 anni, Ursini, e viveva nel quartiere Blatta. Si era allontanato da casa una mattina di primavera, nel giorno del mercato settimanale, con la sua auto, un’Alfa 166, e non aveva più fatto ritorno. L’Alfa venne ritrovata in divieto di sosta, qualche tempo dopo, proprio a Mappano. La sorella si rivolse anche alla trasmissione televisiva di Raitre, “Chi l’ha visto?”. Poi il silenzio. Si saprà solo nel 2010, da una lettura delle carte dell’inchiesta “Crimine” del procuratore Ilda Bocassini di Milano, che lo avevano “fatto fuori” dei sicari della famiglia Macrì, in cerca di una posizione in Calabria, e nel nord Italia. “Per venti mila euro”, si legge dalle carte di un’intercettazione telefonica. Una guerra di ‘ndrangheta, insomma... Che, evidentemente, visti gli incendi delle ultime settimane, non è ancora finita.
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