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15 Novembre 2019 - 12:56
Ogni maratoneta che si rispetti, almeno una volta nella vita deve provare l’emozione, la scarica adrenalinica, la tensione, la gioia e tutte le altre possibili sensazioni che genera la maratona di New York.
Ma se ti chiami Maurizio Saba, puoi fare ancora meglio: correre la prima maratona della propria vita a New York.
“Ma io in quella città ci sarei dovuto andare lo stesso in quel periodo. Per festeggiare i 50 anni di mia moglie Laura, e che avremmo voluto passare in compagnia della nipote di mia moglie e della sua famiglia, che vivono a New York dopo aver vinto una borsa di studio per un progetto che sta sviluppando all’Università di New York”, racconta Maurizio, 48 anni, di Borgaro. Un passato da corriere per una nota ditta e, da due anni, titolare di una sala scommesse a Torino, padre di due figli: Simone e Alice.
“E dopo il cambio di lavoro, anche la mia vita è cambiata - racconta - perché ho avuto più tempo libero da dedicare alla mia passione per la corsa. Anche se è dal 2013 che mi sono avvicinato all’atletica, dopo aver praticato altri sport simili per costanza e per modo di preparare le corse, come la bicicletta o la mountain bike. In quell’anno mi sono tesserato per l’Asd Filmar di Caselle, diventando la mia seconda famiglia, dove sono nate tantissime amicizie”.
E dopo aver corso numerose mezze maratone “che richiedono una preparazione differente, visto che si ha la possibilità di gestire i cambi di ritmo senza avere la paura di non arrivare al traguardo”, sottolinea ancora Maurizio, ecco la decisione: New York, la maratona.
“A differenza di altri sono stato avvantaggiato dal fatto che ho dovuto solamente mutare la mia preparazione alla corsa. Ad inizio agosto mi sono affidato ad un amico, Gabriele Mazzetta, della Enjoy Triathlon e in tre mesi l’abbiamo preparata, permettendomi di stabilire un personale di 3 ore e 32 minuti che reputo molto buono per un neofita come me”.
Ma la maratona di New York, come detto, è una sequela infinita di emozioni: “Sono partito gasatissimo. Le due ali di folla che incitano chiunque, dal più bravo all’ultimo degli ultimi, è da brivido. E’ da lacrime agli occhi. I primi 12 chilometri li ho percorsi a razzo ed avevo paura di non arrivare al traguardo. Guardavo il cronometro e non riuscivo a rallentare. Ad un certo punto me lo sono imposto, una volta arrivato al Queens, a metà gara. I punti più duri? Certamente ogni ponte e ogni volta che c’era una salita ed una discesa. E’ una maratona spezza gambe, non è facile”.
E se il sogno di Maurizio è sempre stata questa maratona, ora quale può essere il sogno? “Semplicemente correre le più belle maratone del mondo e, allo stesso tempo, dedicarmi anche al Triathlon, una mia nuova passione”.
E sempre indossando una maglietta con sopra la foto di Walter Amerio, un amico prematuramente scomparso e a cui era tanto legato. “Nei momenti di difficoltà di questa gara, ho pensato tanto a lui e a mia moglie. Mi hanno dato la forza di non mollare e di arrivare al traguardo. Avrei voluto correrla assieme al mio migliore amico. E in qualche modo, l’ho fatto…”.
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