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CAVAGNOLO. Sanitopoli, parla Sampò: "Ho vissuto un'esperienza terribile"

CAVAGNOLO. Sanitopoli, parla Sampò: "Ho vissuto un'esperienza terribile"

Franco Sampò, ex sindaco di Cavagnolo

Tre settimane di carcere, altrettante costretto a risiedere a Cormano, lontano da Cavagnolo, un altro paio in un altro domicilio che non fosse casa sua. Una brutta storia, quella vissuta da Franco Sampò. Una vicenda che l’ha, inevitabilmente, segnato. Era il 27 maggio 2011 quando per Sampò iniziò un incubo durato fino al 25 giugno scorso. Sampò, all’epoca sindaco di Cavagnolo, venne coinvolto nel processo “Sanitopoli” per il filone d’inchiesta legato al bando di vendita degli ex capannoni militari di proprietà comunale, da trasformare in una residenza sanitaria da cento posti letto, in via XXIV Maggio. Un filone minore del presunto maxi scandalo che investì la sanità piemontese. Secondo il gip e i pm, l’allora sindaco si sarebbe adoperato affinché il bando venisse vinto da “Villa Iris”, di proprietà di Pierfrancesco Camerlengo, uscito dal procedimento ricorrendo al patteggiamento. Il 22 dicembre 2010 la sua amministrazione emise il bando di vendita dell’area militare, partendo da una base d’asta di 499 mila e 500 euro. L’asta fu vinta da “Villa Iris”, l’unica società partecipante. Per la cronaca, non se ne fece poi più nulla perché “Villa Iris” non produsse mai i documenti richiesti dal Comune di Cavagnolo per considerare chiuso e affidato il bando. Ma questo è l’epilogo marginale di una vicenda che ha assunto nel tempo tutt’altri contorni. Dopo tre anni di udienze, che l’hanno visto sempre presente nell’aula 45 del Palazzo di Giustizia di Torino, seduto di fianco ai suoi avvocati Sabrina Balzola e Gian Maria Mosca, udienze che hanno visto sfilare come testimoni decine di cavagnolesi, tra ex amministratori e dipendenti pubblici, Sampò mercoledì pomeriggio è stato assolto da ogni addebito. Per i giudici torinesi, con i suoi comportamenti non ha turbato l’asta pubblica di vendita dei capannoni. Insomma, non ha commesso alcun reato. Per lui la Procura aveva chiesto poco più di un anno di reclusione. “La sentenza mi restituisce un po' di serenità - commenta l’ex sindaco di Cavagnolo -, che avevo ormai perso da oltre tre anni. Sono sempre stato fiducioso nella giustizia e continuo ad esserlo. Per me che avevo sempre e solo operato per il bene del mio paese e della mia comunità, questa esperienza terribile è stata come piombare in un incubo durato dal giorno dell’arresto a oggi. Ringrazio calorosamente i miei Legali che mi hanno sostenuto e sono riusciti a far emergere ed a spiegare al Tribunale la verità dei fatti in un quadro molto articolato e complesso. Il mio ringraziamento va anche alla mia famiglia che mi è sempre stata vicina e ai tanti cittadini cavagnolesi e non che non hanno mai smesso di credere nella mia innocenza e che da più parti mi hanno sempre dimostrato solidarietà per gli eventi di cui sono stato destinatario”. “Quando Franco Sampò venne arrestato e tradotto in carcere la Procura basò il proprio provvedimento su di alcune intercettazioni telefoniche indirette, vale a dire effettuate su utenze non facenti capo al Sampò, palesemente fraintese nel loro significato - commentano gli avvocati Balzola e Mosca -. Riteniamo che non si possa ascoltare una telefonata senza avere di fronte l'intero contesto: è chiaro che da tale modus operandi possa verosimilmente derivare un errore sulle intenzioni di chi parla. E’ ciò che è accaduto in questo caso: la Procura ascoltando quelle intercettazioni ha pensato in buona fede che Sampò stesse cercando di turbare l'asta relativa all'area ove sono oggi ancora siti gli ex capannoni militari. Il dibattimento ha dimostrato e fatto emergere il contrario; le numerose testimonianze portate all'attenzione del Collegio hanno fatto emergere la verità storica dei fatti: a noi la decisione della Corte pare assolutamente coerente con le prove acquisite. In ogni caso, vedremo le motivazioni della sentenza che saranno rese note soltanto tra 90 giorni per valutare compiutamente le ragioni che hanno portato all'assoluzione del nostro assistito”.
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