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04 Ottobre 2025 - 18:17
Un annuncio inaspettato scuote il Medio Oriente: Hamas ha dichiarato di essere pronto a "trasferire l’amministrazione della Striscia di Gaza a un organo palestinese tecnocratico indipendente, fondato sul consenso nazionale palestinese e sostenuto dal mondo arabo e islamico". È la risposta al piano proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, reso noto a fine settembre, che prevede cessate il fuoco, liberazione degli ostaggi e un governo di transizione sotto la supervisione di un 'Consiglio della pace' guidato dallo stesso Trump con la partecipazione, tra gli altri, dell’ex premier britannico Tony Blair, come riportato da Reuters.
Trump ha accolto l’apertura con toni trionfali. In un messaggio diffuso su Truth Social ha parlato di pace vicina, ringraziando Qatar, Turchia, Arabia Saudita, Egitto e Giordania per la mediazione e chiedendo a Israele di fermare i bombardamenti. Ma a Tel Aviv, scrive RBC, il premier Benjamin Netanyahu sarebbe rimasto spiazzato dalla notizia che descrive Hamas come pronto a un compromesso.
Il movimento islamista prova a proporsi come interlocutore politico, ma resta ancorato a strutture militari e dinamiche di controllo che soffocano la vita quotidiana dei civili. Non bisogna dimenticare che a Gaza le prime vittime restano donne e bambini, colpiti dalle bombe israeliane ma anche intrappolati dal regime di Hamas, che scava tunnel sotto scuole e ospedali, usa quartieri residenziali come basi militari e trasforma i civili in scudi umani. Una presunta “Palestina libera” sotto l’egida di Hamas rischia di restare un’illusione: la libertà non può convivere con un’organizzazione che nega diritti fondamentali, soprattutto alle donne, e che reprime ogni voce critica.
Mosca, intanto, si è inserita nella partita. Intervenendo al Club Valdai di Sochi, Vladimir Putin ha dichiarato che "in generale, la Russia è pronta a sostenere la proposta del presidente Trump, se questo porterà all’obiettivo finale di cui parliamo da sempre: la creazione di due Stati, Israele e Palestina". Il leader del Cremlino ha ribadito che il punto cruciale resta la reazione del mondo arabo e dei palestinesi stessi, "incluso Hamas", sottolineando però che la soluzione definitiva "può arrivare solo con la creazione di uno Stato palestinese". Putin ha definito la crisi di Gaza "un evento terribile della storia contemporanea dell’umanità", ricordando le parole del segretario generale dell’Onu António Guterres secondo cui l’enclave è ormai "il più grande cimitero di bambini del mondo".
Il presidente russo non ha nascosto i dubbi sull’efficacia del piano Trump, né sul ruolo affidato a Tony Blair, che "non è conosciuto come grande pacificatore, ma potrebbe offrire esperienza se agirà in modo costruttivo". Al tempo stesso ha ribadito che senza il consenso dei palestinesi e senza lo smantellamento delle radici del conflitto ogni soluzione rischia di essere fragile.
Il quadro resta sospeso tra diplomazia e realtà. Da un lato le grandi potenze cercano di accreditarsi come mediatori di pace, dall’altro il popolo di Gaza continua a vivere nella morsa di bombe e repressione. Parlare di futuro senza affrontare il nodo Hamas significa ignorare il peso di un regime che sacrifica i suoi stessi civili per mantenere potere politico e militare. Se Trump sogna una pace imminente e Putin lega l’intesa alla creazione di due Stati, la vera domanda resta irrisolta: può davvero esserci pace finché Hamas controlla Gaza?
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