Glauco dal mito al colore del mare. Da dove ha origine l’aggettivo, e di conseguenza il nome glauco? Questo termine indica un colore a metà tra il verde e l’azzurro, utilizzato per lo più per descrivere il colore del mare, tant’è che nella lingua latina glaucus indica sia un colore sia un particolare tipo di specie acquatica. Ma Glauco è utilizzato anche come nome proprio, anzi con il mito che vi racconto per i romani antichi non era l’aggettivo ad aver creato il nome ma il nome proprio ad aver dato origine all’aggettivo che ben conosciamo. Secondo la leggenda, Glauco nacque mortale e faceva il pescatore. Ebbene, il poeta latino Ovidio, nelle sue celebri “Metamorfosi” (libro XIII), racconta che un tempo viveva in Beozia, una regione delle Grecia, un giovinetto di nome Glauco, figlio niente poco di meno che di Poseidone, il dio del mare. Il ragazzo trascorreva le sue giornate dedicandosi all’arte della pesca e un giorno trovò una zolla di terra dove l’erba cresceva più verde e qui si mise a pescare, finché non accadde uno straordinario prodigio: i pesci, ormai morti, che poggiava sull’erba tornavano in vita e si rigettavano in acqua. Così decise di assaggiare quell’erba che donava la vita ma ecco che… il suo corpo cominciò a trasformarsi: al posto delle gambe vede comparire una coda di pesce, mentre le braccia, il corpo, i capelli diventano verde-azzurro. Così Glauco abbandona la terra e si getta in mare felice, dove può ora vivere in eterno come una divinità marina. Il mito, tuttavia, continua e ci narra che col tempo il nostro Glauco si spostò nelle acque dello stretto tra la penisola italica e la Sicilia; qui era solita farsi il bagno una bellissima ninfa, secondo altre fonti una fanciulla mortale, ossia Scilla. Come la vide, il dio marino se ne innamorò ma la ragazza lo rifiutò per il suo aspetto. Glauco decise allora di rivolgersi ad una esperta maga, anzi, la più esperta, la maga per antonomasia: Circe. A lei chiese, supplice, di far innamorare la fanciulla di lui, ma Circe pare che volesse per sé le attenzioni del dio, che invece le fece capire bene che per lui esisteva solo Scilla. Ora, se ricordate bene, Circe non aveva di certo un bel carattere e non era affatto una benefattrice, ed essendo stata scartata per un’altra, trovò il modo di vendicarsi. Preparò sì un filtro che gettò nelle acque dove era solita bagnarsi la ninfa, ma non era certo un filtro d’amore. Difatti, quando Scilla entrò in acqua, ecco che il suo bellissimo corpo cominciò a tramutarsi in quello di un mostro: le sue gambe divennero serpentine e presto il suo magnifico volto si tramutò in quello di un mostro con denti aguzzi, anzi le teste divennero sei! Per l’orrore Scilla si gettò in acqua e nei meandri marini si nascose in una grotta, dimenticando col tempo chi fu e divenendo sempre più, non solo nell’aspetto, quel mostro pericoloso in cui Circe l’aveva trasformata: così la incontrarono Ulisse e i suoi compagni quando tentarono di oltrepassare lo stretto di Messina. Nella mitologia greca, Glauco era figlio di Poseidone, dio del mare, e di una ninfa delle Naiadi. In altri racconti, Glauco era un cacciatore, figlio di Minosse di Creta; oppure figlio di Sisifo e padre di Bellerofonte. Inoltre, nel ciclo di leggende che faceva da substrato alla cultura greca, esistevano diversi Glauco: uno di Creta, uno di Corinto, uno di Antedone, un dramma satiresco di Eschilo è intitolato “Glauco di Potnie”, ma molto probabilmente tutte queste figure derivavano da un unico personaggio, a cui poi erano collegate diverse vicende. Troviamo Glauco citato come già detto elle Metamorfosi di Ovidio, Igino, Ateneo, in Omero, e anche nei tragici, Eschilo, Sofocle ed Euripide. Secondo alcuni commentatori, Glauco oltre all’immortalità, dopo aver mangiato l’erba, ottenne anche il dono della profezia. Nelle raffigurazioni, Glauco è spesso raffigurato con le braccia azzurre, la coda di pesce ed una barba verde. È famosa, poi, anche la leggenda che vede Glauco collegato a Scilla, come ci racconta Ovidio nelle Metamorfosi. Dopo essere divenuto una divinità marina, per metà pesce e per metà umana, Scilla, spaventata da quell’aspetto ibrido, fuggì. Glauco, innamoratosi della ninfa di origini italiane, chiese alla maga Circe dell’isola di Eea di fabbricargli una pozione in grado di far innamorare Scilla. La maga, però, gelosa dell’amore di Glauco per Scilla, preparò una pozione diversa da quella richiesta, per vendicarsi. La gettò nelle acque in cui Scilla era solita fare il bagno e, quando la ninfa si immerse, nacquero dal suo corpo orribili mastini latranti dal muso di Cerbero. A questo vista, Glauco si disperò, e Scilla naturalmente iniziò a covare un profondo odio per Circe, che viene indirettamente descritto nell’Odissea. Favria, 12.07.2021 Giorgio Cortese Buona giornata. La maggior parte delle cose importanti nel mondo sono state compiute da persone che hanno continuato a provare quando sembrava che non ci fosse alcuna speranza. Felice lunedì
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