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13 Dicembre 2018 - 11:52
Strage discoteca Ancona
Scena finale di “Romeo e Giulietta”, nella cripta dei Capuleti, la famiglia di Giulietta. Madonna Capuleti, madre della ragazza, scopre con orrore i cadaveri dei due amanti e, distrutta dal dolore incommensurabile di un genitore che sopravvive ai propri figli, mormora: “Questa scena di morte è come una campana che richiama la mia vecchiaia al suo sepolcro”. Giulietta e Romeo hanno, in quel momento, rispettivamente quattordici e sedici anni, proprio come i ragazzini deceduti nella discoteca di Ancona.
E il dolore senza fine di Madonna Capuleti è il dolore di tutti i loro genitori. Ed un po’ anche di tutti noi che in quei corpicini esanimi rivediamo i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri alunni, con tutti i loro sogni, le loro paure, le loro speranze, soffocate per sempre da quei teli bianchi stesi sull’asfalto. Dal dolore alla rabbia il passo è breve. Il locale che, probabilmente, conteneva più persone di quelle dovute, la gestione del piano di evacuazione non condotta al meglio, le balaustre del ponticello inadeguate a reggere il peso di tutta quella calca, il minorenne che spruzza spray al peperoncino, generando il panico. C’è di che discutere ed indagare per anni.
E questo lo sappiamo fare. Ci siamo abituati. Dopo gli incidenti di Piazza San Carlo, abbiamo pianto un po’, abbiamo discusso all’infinito, col risultato che le norme per organizzare manifestazioni pubbliche sono diventate severissime ed onerosissime per chi se la sente ancora di cimentarsi e rischiare. Convinti che mai più sciagura sarebbe successa. E invece… Dopo il crollo del ponte di Genova, abbiamo individuato con certezza quasi sospetta dei responsabili, abbiamo fatto credere che sarebbero scattati controlli rigorosissimi per garantire la sicurezza dei cittadini. E invece…
E invece ci ricaschiamo ogni volta. Credo che il discorso stia su due piani diversi. Il primo riguarda l’osservanza delle norme di sicurezza. Cosi, per cominciare, un cretino con lo spray urticante non può entrare in una discoteca e, in secondo luogo, tutti i locali devono essere controllati con la stessa meticolosità e pignoleria con cui si controllano le pro loco di paese quando organizzano un evento. Il secondo, invece, concerne noi adulti ed i nostri ragazzi. Tanti hanno fatto notare la pericolosità dei testi del rapper Sfera Ebbasta.
È indubbiamente vero. Ma i cantanti con messaggi trasgressivi, potenzialmente pericolosi, sono sempre esistiti. Basti pensare a quanti si sono cotti il cervello con l’LSD negli anni sessanta, emulando Jim Morrison o chi per lui. Ma oggi i nostri ragazzi sono più esposti. Ai nostri tempi bastava controllare le compagnie con cui i figli uscivano e per i genitori il gioco era fatto. Il nostro mondo era tutto lì, in quelle compagnie senza le quali eravamo persi.
Oggi i social proiettano i ragazzi in dimensioni virtuali nelle quali possono incontrare chiunque e, la voglia di trasgredire, che è sempre la stessa, può portarli a fare di tutto. E quindi? E quindi tocca a noi adulti, anziché rimpiangere i bei tempi passati o dare la colpa di tutto agli dèi del cielo, rimboccarci le maniche, proteggere i ragazzi con qualche bel no, fornire loro modelli positivi di passione e voglia di vivere, come dice Crepet, e, forse, non permettere a quattordicenni di andare da soli in giro all’una di notte.
Per non bruciare loro i tempi. A costo di sentirsi dare dai ragazzi dei vecchi parrucconi moralisti. E forse è proprio questo che noi adulti non riusciamo a reggere.
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