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Ready player one, Spielberg torna alla fantascienza con la realtà virtuale.

Ready player one, Spielberg torna alla fantascienza con la realtà virtuale.
In un futuro non troppo lontano da noi, nel 2045, Steven Spielberg inscena la sua distopia: inquinamento, svorappopolamento, caos fanno della Terra un mondo poco invidiabile e vivibile. Per evadere dalla fatiscenza quotidiana le persone entrano in Oasis, un universo parallelo di realtà virtuale creato dal geniale James Halliday (Mark Rylance). Dotandosi di un avatar e di un aspetto renderizzato diventano i personaggi di un immenso videogame in cui vivono emozioni che non trovano nel mondo reale. Prima di morire, Halliday congegna una caccia al tesoro per gli abitanti di Oasis: tre prove da interpretare e superare per trovare l’ ”Easter egg”, l’uovo di Pasqua, come gli informatici definiscono un contenuto che si divertono a nascondere nelle loro creature software e che darà al suo scopritore le chiavi di Oasis e la fortuna accumulata dal suo originale inventore. Wade Watt (Tye Sheridan), noto in Oasis come Parsival, diventa il protagonista della sfida che sarà resa ancora più complicata dalla IOI, una società di videogiochi a caccia di risorse finanziarie che le consentano di dominare il mercato e battere la creatura di Halliday. Spielberg torna su un terreno già solcato con successo nel corso della sua carriera, quello della fantascienza dominata dagli adolescenti che incarnano, con il loro sguardo fresco e disinteressato, la risorsa più efficace e ancora incontaminata per dare una soluzione ai problemi del pianeta e lo fa in modo spettacolare, con un risultato visivo e scenografico di grande impatto, in grado di soddisfare anche il pubblico meno giovane. Gli omaggi a Zemeckis e al suo Ritorno al futuro, con la DeLorean che sfreccia di nuovo sullo schermo, l’ingresso di Godzilla nella battaglia finale, faranno battere i cuori anche ai quarantenni, nonostante una sceneggiatura che non brilla per originalità: prima di Ready player one altri film hanno parlato di realtà virtuale e di mondi creati a tavolino (Avatar, Source Code, Tron: Legacy, per citarne alcuni), con la differenza però che il film di Spielberg lascia un monito ben preciso agli spettatori e alle generazioni future, è lo stesso creatore del gioco, Halliday, ad ammetterlo: il mondo reale è sempre meglio, nonostante le sue aberrazioni e le sue brutture, le emozioni sono più autentiche, inutile cercare di scappare, è qui che dobbiamo trovare le soluzioni ai nostri problemi.
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