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16 Novembre 2017 - 10:45
La violenza sulle donne parte da lontano e, come un’inestinguibile scia di sangue, macchia tutta la nostra storia. Romolo e i suoi pastori, a corto di donne, e quindi a rischio di estinzione, decidono di rapire le mogli e le figlie dei Sabini e, dopo qualche scaramuccia, il tutto si risolve a tarallucci e vino. Con, improbabile, buona pace della rapite. Poi via di seguito: dagli eserciti vittoriosi a cui magnanimi generali concedono di stuprare le donne delle città conquistate, fino alle torture della Santa Inquisizione. Quindi la nostra epoca, le guerre dei nostri nonni, a latere delle quali le donne, di tutte le fazioni, continuano ad essere vittime prescelte di violenza sessuale prima e dileggio pubblico poi. E oggi la scia di sangue continua a scorrere. La violenza è sempre la stessa. Centri di accoglienza per le donne oggetto di violenza, inasprimento delle pene per i colpevoli, punti di ascolto per le vittime e per i carnefici, sono alcuni degli strumenti messi in campo che vanno indubbiamente sostenuti e implementati. Ma, secondo me, noi adulti, noi educatori, noi amministratori, non possiamo esimerci dal contribuire alla rivoluzione culturale necessaria per estirpare in modo definitivo il problema. I picchiatori di domani sono i bambini di oggi. Sono loro che, vivendo realtà distorte, possono reiterare comportamenti dannosi. Sono loro che, cresciuti nella cultura del tutto è possibile, sfogheranno la propria aggressività come bulli o stupratori. Sono loro che, abbandonati a sé stessi e privi di attenzione, si improvviseranno feroci capi branco. Sono ancora loro che, storditi dal connubio per cui ricchezza uguale belle donne e macchine veloci, rivendicheranno con ferocia il diritto ad essere felici. Certo, nessuno può sostituirsi alla famiglia, ma le istituzioni educative, di tutti i livelli, devono essere sostenute da chi amministra nell’attivazione di progetti mirati a smontare questi stereotipi. Con tanta più urgenza ora che l’integrazione multietnica ci porta a confrontarci con culture per le quali la donna è discriminata a priori. Ecco che cosa vorrei che facesse una amministrazione comunale attenta. Limitarsi a dipingere panchine di rosso o a lasciare posti vuoti in ricordo delle vittime di femminicidio è troppo poco. Proviamo invece a posare il primo mattoncino di un nuovo mondo, con coraggio e con fiducia. Il tempo ci darà ragione.
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