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Sanitopoli, i testimoni di Sampò: "Era un sindaco correttissimo"

Sanitopoli, i testimoni di Sampò: "Era un sindaco correttissimo"

Franco Sampò, ex sindaco di Cavagnolo

Franco Sampò non ha mai chiesto un rimborso che fosse uno al Comune. Ha sempre pagato di tasca propria e per le missioni prendeva sempre la sua macchina. E dire che ne aveva diritto, ai rimborsi: gliel’ho detto un sacco di volte, ma lui mi rispondeva che andava bene così. Aveva un’indennità del 50 per cento del suo stipendio e diceva che gli bastava quella, benché non fosse alta. Sapeste quante volte gli ho visto pagare, di tasca propria, le bollette di cittadini che venivano da lui e si lamentavano perché non avevano i soldi per vivere...”. La figura tracciata da Rosetta Gambino, segretario comunale a Cavagnolo da 24 anni, di Franco Sampò al collegio giudicante del processo Sanitopoli è quella di un sindaco modello. Un esempio per tanti amministratori e politici di oggi. Lunedì scorso, nell’aula 45 del Palazzo di Giustizia di Torino, è ripreso il processo di cui un filone d’inchiesta vede imputato l’ex primo cittadino cavagnolese. La vicenda è arcinota: per il bando di vendita da 499.500 euro degli ex capannoni militari di via XXIV Maggio, vinto dalla Villa Iris di Pierfrancesco Camerlengo, Sampò è finito alla sbarra. L’accusa è di turbativa d’asta. Nell’ultima udienza sono stati sentiti i testimoni citati dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Sabrina Balzola e Gian Maria Mosca. La segretaria comunale Rosetta Gambino, oltre a fornire un’immagine positiva del sindaco cavagnolese, ha di fatto confermato quanto già dichiarato nelle precedenti udienze da Sampò e dai vari testimoni citati, come il dottor Tristano Orlando. “Io e l’ufficio tecnico abbiamo predisposto il bando - ha spiegato - su indicazione della Giunta comunale. Abbiamo fatto un’asta pubblica che premiasse l’offerta economicamente più vantaggiosa. Un bando che tenesse conto sia della vendita dell’area, sia del progetto che si doveva realizzare. Era un mix di qualità e prezzo. E per realizzare il bando abbiamo preso spunto da uno analogo pubblicato dal Comune di Druento”. Rosetta Gambino ha chiarito al Collegio giudicante due aspetti rilevanti dell’inchiesta. Il primo. “Abbiamo pubblicato il bando a ridosso del Natale 2010 semplicemente perché avevamo finito la predisposizione in quei giorni e, se avessimo aspettato l’anno nuovo, avremmo dovuto rifare tutta la programmazione dell’intervento nel bilancio 2011, dunque si sarebbero persi diversi mesi - ha detto ai giudici e ai pm Toso e Demontis -. La programmazione dell’opera era già inserita nel bilancio 2010: in termini operativi, se avessi aspettato anche solo poche settimane, si sarebbe perso un anno. Devo dire anche che abbiamo cercato di dargli la massima visibilità, pubblicandolo sulla Gazzetta Ufficiale per quaranta giorni, senza per altro averne l’obbligo”. Il secondo. “Abbiamo deciso di non concedere la proroga dei termini di scadenza che ci era stata richiesta dal consulente di una ditta perché - ha spiegato -, benché non sapessimo quante imprese avessero partecipato, non volevamo che si potesse pensare che si sarebbe concesso un vantaggio ad una di queste. Piuttosto, se il bando fosse andato deserto, avrei preferito ripubblicarlo. Dunque, a mio giudizio, non c’era alcun presupposto per concedere la proroga richiesta”. Infine, sulla presenza di Vito Plastino, direttore Asl e consulente di Villa Iris - uscito dall’inchiesta con il patteggiamento -, nella commissione esaminatrice del bando di gara, il segretario comunale di Cavagnolo ha spiegato: “Quel ruolo doveva essere ricoperto da un esperto, ci è stato segnalato dal sindaco. Noi abbiamo semplicemente verificato il curriculum su internet, per vedere se avesse tutti i requisiti necessari”. Gli altri testimoni Nell’udienza di lunedì scorso sono stati sentiti anche Renzo Baracco, consulente per aziende nel settore della sanità, di Verrua Savoia: “Avevo contattato tre realtà che potevano essere interessate al bando: la General de Santé, la Cooperativa Valdocco di Torino e la Dussmann, ma a ridosso dell’emissione del bando fecero un passo indietro. Chiesi una proroga di trenta giorni dei termini, per vedere se riuscivo a trovare qualcun altro, ma mi venne respinta. Ci sta, è facoltà della stazione appaltante decidere se prorogare o meno i termini. Perché non ho più partecipato al bando emesso dalla nuova amministrazione? Semplicemente perché è già difficile trovare chi investe normalmente, figuriamoci quando c’è di mezzo un’inchiesta della magistratura”. Giulio Razzano, ex assessore all’Ambiente durante il secondo mandato di Sampò: “Non ho seguito il bando, quello che sapevo è quello che ci veniva spiegato nelle riunioni di Giunta o negli incontri d maggioranza, che si tenevano una volta a settimana”. Massimo Fiorindo, ex vicesindaco di Sampò: “Sapevamo che c’erano delle ditte interessate che avrebbero potuto partecipare al bando perché il sindaco ci riferiva negli incontri di maggioranza e di Giunta, ma di più non sapevamo. Io personalmente seguivo altre questioni, come ad esempio la gestione della raccolta rifiuti”. Infine, Gabriella Mortarino, capogruppo di maggioranza in Consiglio: “La riqualificazione dell’area ex militare era un nostro obiettivo. Quando la gara si concluse e scoprimmo che c’era una sola azienda, eravamo tutti delusi".
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