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24 Agosto 2016 - 08:55
Libero Ciuffreda
Tumori a Chivasso. Uno: c’entrano le discariche? Due: nella nostra città il numero di tumori è superiore ad altri Comuni? Sono le due domande che animano il dibattito pubblico a Chivasso e a Montanaro da alcuni mesi.
In luglio ad Ivrea, all’assemblea dei sindaci dell’ASLTO4, sono stati presentati i risultati dell’indagine condotta dall’azienda sanitaria in collaborazione con la Rete Oncologica del Piemonte. Lo studio è consultabile sul sito dell’ASL. Ma per il lettore privo di competenze specialistiche è difficile districarsi nella quantità di numeri e di pagine e farsi un’idea più o meno precisa. Anche perché manca una “sintesi” dei risultati, quella paginetta che troviamo in altri studi simili. Facciamo un appello all’Asl To 4: metta a disposizione dei cittadini un documento breve e riassuntivo, che tutti possano comprendere. Spieghi i risultati dello studio non solo ai sindaci, ma anche ai chivassesi in un incontro pubblico in un giorno e in un’ora adatta a tutti.
Nell’attesa rivolgiamoci alle dichiarazioni di due protagonisti: il dottor Oscar Bertetto, direttore della Rete Oncologica, e il sindaco di Chivasso Libero Ciuffreda. Entrambi sostengono che la diffusione dei tumori a Chivasso e dintorni è in linea con le altre aree industrializzate del Piemonte. Ed è questo il punto: è un’affermazione rassicurante o preoccupante? A me pare preoccupante. Quali conseguenze deve trarne un sindaco quando viene proposto a Chivasso un nuovo carico ambientale, come Wastend, che avrà effetti negativi sull’ambiente per decenni? Esprimere parere favorevole o dire “qui basta”?
Almeno quanto a smog, cioè emissioni nell’aria, la Pianura Padana è uno dei luoghi più inquinati del mondo, e noi per di più viviamo in una delle sottoaree maggiormente industrializzate. Sapere che qui la diffusione dei tumori è in linea con le altre aree industriali del Piemonte è tranquillizzante? O più realisticamente, purtroppo, è allarmante? Quale atteggiamento dovrebbe trarne il sindaco: accettare un nuovo impianto industriale che durerà vent’anni (10 la discarica e altri dieci l’impianto di recupero materiali) e che potrebbe continuare a danneggiare aria, suolo e acque per i decenni seguenti, oppure respingerlo a tutela preventiva, precauzionale, della salute dei cittadini?
Scrive Bertetto il 19 luglio sulla propria pagina facebook: “Abbiamo quindi un tasso di tumore da area altamente industrializzata... “. Dichiara Ciuffreda nel comunicato del 22 luglio: “le malattie tumorali nel nostro territorio hanno lo stesso andamento delle aree urbane industrializzate della Regione Piemonte...”. Si tratta di mere constatazioni: per i due medici le cose stanno così. Ma Ciuffreda aggiunge la solita polemica con gli allarmisti, con coloro che hanno infuocato la discussione affidandosi ai dati delle esenzioni per la patologia 048: “Abbiano l’onestà intellettuale di fare ‘mea culpa’ pubblica per il procurato allarme che ha generato tanta ansia ed apprensione nella cittadinanza”.
Ma chi deve fare il mea culpa? Gli allarmati, i preoccupati per la nuova discarica da 750.000 metri cubi, o il sindaco che finora è stato favorevole ai precedenti progetti Wastend?
Come ricordiamo in un altro articolo, per la Provincia le condizioni del territorio chivassese erano già gravi nel 2008, per il consiglio comunale lo erano nel 2010, per la stessa Asl lo erano l’anno scorso. Nel frattempo la situazione è peggiorata: falde inquinate, il nerofumo di Pioltello, l’incendio del 2014, la diffusione di metano nel sottosuolo rilevata due mesi fa. Cosa dovrebbe fare un sindaco di fronte al progetto Wastend? Polemizzare con gli allarmisti o opporsi al progetto?
Scrive Bertetto: “La zona risente... di essere stata per anni sottoposta a una industrializzazione senza sufficienti controlli sull'impatto ambientale e sanitario: nel tempo abbiamo avuto dalle cave di amianto alle fabbriche di vernici, dall'industria dei pneumatici a quella chimico-farmaceutica, dalle acciaierie alle cromature, dalla centrale elettrica a carbone alle scorie radioattive”. Sottolineo “senza sufficienti controlli sull’impatto ambientale e sanitario... ”. Ebbene, le discariche di Chivasso sono state condotte finora da SETA e SMC in modo impeccabile, nel rispetto di tutte le precauzioni atte a evitare danni all’ambiente e alla salute? La risposta sta nell’elenco dei “provvedimenti di diffida” che la Provincia ha inflitto alle due società per violazione delle prescrizioni. Ne abbiamo sott’occhio ben undici dal 2005 al 2014. Due per incendi, una per conferimento di fluff non autorizzato, tre per l’irregolare gestione del biogas, una per il nerofumo di Pioltello, una per il materiale di copertura, una per percolamento esterno, una per gli odori, e una per avere irregolarmente usato come materiale di copertura delle sostanze provenienti da siti in bonifica. A Chivasso le industrie non ci sono quasi più. Oggi subiamo le conseguenze sulla nostra salute dell’inquinamento prodotto nel passato. Ma, scomparse le fabbriche, sono rimaste le discariche. Come le diffide testimoniano, esse hanno continuato a produrre danni all’ambiente. Forse ne pagheremo le conseguenze in futuro, nei prossimi decenni. Noi e i nostri figli e nipoti.
Se le cose stanno così, cosa deve fare un sindaco di fronte al progetto di una nuova discarica?
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