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22 Luglio 2016 - 15:58
Al Parco del Po sono travolti dalla passione per il tango. Tre tango-eventi in due mesi. Il 5 maggio festa in Galleria San Federico: i ballerini di Etnotango “... si muoveranno al ritmo di tango argentino con una milonga aperta a tutti dal titolo GreenTango”. Il 5 giugno il Parco accoglie Explorando a Torino: “intrattenimento musicale a cura di Etnotango Festival con 6 ore di Milonga di Tango per tutti e Welcome di Accoglienza con ballerini. Conduce Monica Mantelli”. Il 30 giugno “Festa Oltreconfine” alle Vallere: la festa comprende due ore di “Milonga verde con Etnotango Festival”. Maestra di cerimonie è sempre lei, Monica Mantelli Nucera: Etnotango è una sua creatura, e Etnotango Festival è la continuazione del Manifesto Rosso Tango da lei fondato.
Noi riproponiamo le nostre solite domande: che centra il tango con le finalità istituzionali del Parco? Ma soprattutto: che cosa giustifica l’abnorme presenza del tango nelle attività del Parco Po? C’è una ragione? Domanda legittima, visto che si usano soldi pubblici per una bizzarria che non riusciamo a spiegarci.
Ed ecco che qualche giorno fa compare sul sito dell’ente un comunicato che celebra la festa del 30 giugno e ci illustra le virtù del tango. La festa, organizzata con “il partner tecnico Etnotango”, comprendeva “un aggregante Convivio comunitario Art & Fruit curato dai volontari di Etnotango”. Il convivio è stato arricchito dall’”animazione costante tra teatro, danza, tango, cibo e incontri nel verde”. Il recente riconoscimento UNESCO premia l’intraprendenza dei gruppi di ragazzi che producono spettacoli, aprono scuole di danza... gestiscono locali e le immancabili “milonghe”.
Purtroppo vi sono ancora troppi “ottusi” come noi che non capiscono. A loro si rivolge il comunicato: “E per chi ancora ottusamente critica perché abbiamo adottato il tango argentino...”. A queste persone di limitata intelligenza il Parco del Po cerca di far capire che il tango costituisce un linguaggio di comunicazione interdisciplinare “sui valori... come la sostenibilità, il basso impatto ambientale, la comunanza e fratellanza di intenti per una società migliore e un futuro più durevole”. Valori rispetto ai quali le povere “liberté, égalité, fraternitè” fanno la figura delle sorelle Bandiera. Sappiate, ammonisce il Parco, che l'UNESCO ha dichiarato il tango argentino patrimonio culturale dell'umanità, insieme ai “canti Vedici indiani e il teatro giapponese Kabuki”.
D’accordo, tutto questo è meraviglioso, ma che c’entra con le finalità dell’Ente Parco, finanziato dalla Regione e quindi da noi cittadini? La legge regionale 19/2009 è dedicata alla “tutela delle aree naturali e della biodiversità”, non delle danze sudamericane. L’art. 1 comma 1 recita: “La Regione l’importanza dell’ambiente naturale in quanto valore universale ecc. ecc.”. Per raggiungere questi scopi a che serve infilare il tango dappertutto? Domande senza risposta. Ecco perché una risposta abbiamo cercato di darla noi ricordando che la signora Mantelli è una studiosa del tango, come risulta dal suo curriculum reperibile in rete. E’ la stessa signora beneficiaria delle quattro determine firmate dal direttore Ippolito Ostellino fra il 2012 e il 2015 sulle quali la Regione ha avanzato delle riserve fin dall’anno scorso. La stessa signora alla quale in marzo il direttore ha affidato un nuovo incarico o consulenza biennale che ci costa 26.000 euro.
Ci siamo chiesti più volte cosa pensano di tutto questo il presidente Valter Giuliano, la vicepresidente Matilde Casa e gli altri cinque membri del consiglio di amministrazione. I sette, nominati dalla politica, ci costano all’incirca 20.000 euro all’anno. Leggendo l’ultimo comunicato del Parco, una vera apologia del tango che lascia prevedere altro tango in arrivo, ci chiediamo se almeno non scappa loro da ridere.
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